Le regioni italiane e il piano nazionale di recupero e resilienza

0

Gaetano Armao Vicepresidente della Regione Siciliana – Componente il Comitato Europeo delle Regioni

In primo luogo, i miei più sentiti ringraziamenti all’Istituto delle Regioni d’Europa (IRE) di Salisburgo per la coraggiosa ed efficiente organizzazione di questo 16° Vertice e al suo instancabile Presidente, il Prof. Franz Schausberger, amico e autorevole collega del Comitato delle Regioni europee, e i miei saluti al Presidente Tzitzikostas e ai relatori di questo Dialogo.

Banner Rag Giuseppe Pannullo

L’Europa che conoscevamo fino all’inizio della pandemia COVID-19 non c’è più, mentre si gettano le basi, tra difficoltà e contraddizioni, per la nascita della nuova Europa che sarà delineata dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, destinata a rafforzare la partecipazione dei cittadini alla democrazia dell’UE al di là delle elezioni e a far sì che anche la loro voce sia ascoltata e compresa meglio.

La pandemia COVID-19 ha prodotto e sta producendo effetti molto pesanti sul piano economico e sociale; scatenando la crisi più grave dalla seconda guerra mondiale, di dimensioni ben più grandi di quelle della crisi economico-finanziaria del 2007-10. La crisi COVID-19 ha messo a dura prova la capacità degli Stati europei e dell’Unione di far fronte a grandi e inaspettati shock. La crisi è multidimensionale. La crisi economica che ne deriva sta influenzando la capacità di crescita dell’UE e dei suoi Stati membri, aggravando al contempo gli squilibri macroeconomici esistenti e, forse, creandone di nuovi.

L’Italia ha affrontato questa drammatica crisi economica e sanitaria prima di tutto con determinazione, e la mia Regione in particolare, la Sicilia, ha dimostrato di avere una buona resistenza e un forte senso civico, nonostante i rischi legati alla forte immigrazione, ma soprattutto i drammatici e duraturi effetti economici derivanti dalla pandemia su un’isola con un’economia debole che Eurostat ha ancora indicato tra le più esposte al rischio di povertà nell’UE. Secondo i dati dell’ultimo ECONomic Bulletin COVID-19 misure di impatto e risposta (n. 8), del Comitato Econ del Comitato Europeo delle Regioni, è utile sottolineare che la Regione Siciliana è una delle prime tra le Regioni europee ad aver adottato più azioni per combattere la crisi economica post-pandemica. Tra queste: istituzione di linee di credito a condizioni vantaggiose, ampliamento dei sistemi di garanzia dei prestiti, sistemi di sostegno per la concessione di prestiti a tasso zero, esenzione, sconto, differimento o frazionamento delle imposte regionali.

L’UE, attraverso la Commissione, ha dimostrato di guardare al futuro lanciando misure di notevole impatto finanziario e dimostrandosi capace di superare ogni iniziale egoismo nazionale. Come ha recentemente sottolineato il Presidente del CdR Apostolos Tzitzikostas: “Se vogliamo agire in modo efficace per i nostri cittadini e le nostre imprese, dobbiamo evitare silos burocratici o eccessivi accentramenti e incoraggiare un maggiore coordinamento paneuropeo”. La Conferenza sul futuro dell’Europa è una buona occasione per migliorare il funzionamento della democrazia europea. …Ora è il momento di garantire che, oltre alle autorità nazionali e comunitarie, le autorità regionali e locali siano riconosciute una volta per tutte come una delle tre dimensioni della nostra Casa della democrazia europea”.

Questa è la prospettiva della “Dichiarazione del Comitato delle regioni europeo sugli enti locali e regionali come attori della risposta europea alla crisi COVID-19” (presentata da PPE, PSE, Renew Europe, EA e Verdi al Comitato): la pandemia di Covid-19 mostra sia la vulnerabilità del funzionamento dell’UE che la misura in cui gli Stati membri e i cittadini dell’UE sono collegati. L’UE può risolvere questa crisi ed eventuali crisi future solo se tutti i livelli di governo (UE, nazionale, regionale e locale), gli attori economici/sociali e i cittadini dell’UE si assumono le proprie responsabilità. La Dichiarazione sottolinea che l’impatto della crisi senza precedenti per le finanze locali e regionali potrebbe compromettere seriamente la capacità degli enti locali e regionali di soddisfare una maggiore domanda di servizi sanitari, sanitari e sociali per i cittadini, di trasporto pubblico, di istruzione e di altri servizi pubblici, nonché di incentivi economici per le imprese locali e per l’attuazione di azioni verso la sostenibilità e la neutralità climatica. A tal fine la dichiarazione sottolinea: “qualsiasi centralizzazione di nuovi regimi di sostegno finanziario aumenterebbe ulteriormente questo rischio, pertanto il CdR chiede che l’accesso agli strumenti finanziari dell’UE che rispondono all’impatto della crisi sia decentrato all’interno degli Stati membri e che gli enti regionali abbiano un accesso diretto a queste risorse”.

Siamo a un bivio, possiamo affrontare questa crisi guardando all’Europa e al ruolo delle Regioni, con un corretto approccio multilivello ed è l’unica strada per lo sviluppo. Oppure questa crisi e le opportunità che offre possono essere affrontate con un approccio statistico e burocratico, e il fallimento sarà assicurato. Il contrasto con la pesante crisi economica post-pandemica può essere un’opportunità per lo sviluppo dell’Europa e la rinascita delle Regioni, come prefigura il titolo del seminario di questa mattina.

Nell’ambito della Next Generation EU, con la risposta coordinata europea sul Coronavirus i Piani Nazionali di Recupero e Resilienza (PNRR) degli Stati Membri potranno essere sottoposti alla valutazione della Commissione il 30 aprile 2021. La Commissione Europea avrà due mesi di tempo a disposizione per le sue valutazioni e per proporre l’approvazione del Piano Nazionale al Consiglio Ecofin. Il Consiglio Ecofin dovrà approvare il Piano con un atto di attuazione, da adottare a maggioranza qualificata entro quattro settimane dalla presentazione della proposta della Commissione Europea. Dalla presentazione formale del Piano potrebbero quindi passare alcuni mesi per l’approvazione, per cui ci sarà poi la possibilità di accedere al 10 per cento dell’importo totale.  Il dispositivo RRF identifica le seguenti priorità: promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione migliorando la resilienza e la capacità di adattamento degli Stati membri; mitigare l’impatto sociale ed economico della crisi, promuovendo l’impatto territoriale, l’inclusione e l’uguaglianza di genere; Sostenere le transizioni verdi e digitali, contribuendo così a ripristinare la crescita potenziale delle economie dell’Unione, stimolare la creazione di posti di lavoro nella crisi post-COVID-19 e promuovere la crescita sostenibile.La proposta della Commissione europea stabilisce i criteri di ammissibilità per i progetti che gli Stati membri potranno includere nei loro PNRR.

La condizione principale per l’ammissibilità dei progetti presentati è che essi facciano parte di un pacchetto coerente di investimenti e delle relative riforme. I progetti e le iniziative di riforma devono essere conformi alle raccomandazioni specifiche rivolte al Paese dal Consiglio, nonché alle sfide e alle priorità politiche identificate nel contesto del semestre europeo, in particolare quelle relative alle transizioni verdi e digitali. Lo stretto legame con il Semestre europeo ricorda anche la necessità di misure e progetti per contribuire alla correzione degli squilibri macroeconomici, in particolare per paesi come l’Italia i cui squilibri sono stati giudicati eccessivi nel contesto della relativa procedura (Procedura per gli squilibri macroeconomici – MIP). È inoltre essenziale che vi sia coerenza tra i contenuti, gli obiettivi del PNR e le informazioni fornite nel Programma Nazionale di Riforma, nel Piano Energia e Clima (PNIEC), nei Piani presentati nell’ambito del Fondo di Giusta Transizione e negli accordi di partenariato e negli altri programmi operativi dell’UE. I collegamenti e la coerenza con le riforme e le politiche di sostegno devono essere chiaramente spiegati, mentre i tempi e le modalità di attuazione devono essere evidenziati, con obiettivi intermedi e finali (milestones), identificando anche chiaramente l’organismo attuatore.

La proposta elaborata dal Governo italiano al riguardo prevede l’adozione dei seguenti provvedimenti, tra il 2020 e il 2021, al fine di: attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l’economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo permetteranno, perseguire politiche di bilancio volte a raggiungere caute posizioni di bilancio a medio termine e a garantire la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti; rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario nei confronti degli operatori sanitari, dei prodotti medici essenziali e delle infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali; fornire un reddito sostitutivo adeguato e l’accesso al sistema di protezione sociale, in particolare per i lavoratori atipici; mitigare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche attraverso modalità di lavoro flessibili e un sostegno attivo all’occupazione; rafforzare la formazione a distanza e il miglioramento delle competenze, anche digitali; garantire l’effettiva attuazione di misure volte a fornire liquidità all’economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi evitando i ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblico maturi promuovendo nel contempo gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, con particolare attenzione alla produzione e all’uso sostenibile ed efficiente dell’energia, alla ricerca e all’innovazione, ai trasporti pubblici sostenibili, alla gestione dei rifiuti e delle acque e a un’infrastruttura digitale potenziata per garantire la fornitura di servizi essenziali; migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione.

In questo contesto, il Piano Nazionale di Riforma del Governo italiano ha elaborato un piano di ripresa – basato sull’analisi dei punti di forza e dei ritardi del Paese nel contesto della crisi causata dalla pandemia – costruito attorno a tre linee strategiche: modernizzazione del Paese; transizione verde; inclusione sociale e territoriale; parità di genere. Queste linee strategiche si sono sviluppate lungo le nove linee di intervento: un Paese completamente digitale; un Paese con infrastrutture sicure ed efficienti; un Paese più verde e sostenibile; un tessuto economico più competitivo e resistente; un piano integrato a sostegno delle filiere produttive; una pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese; maggiori investimenti in ricerca e formazione; un’Italia più equa e inclusiva; un sistema giuridico più moderno ed efficiente.

La proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stata presentata dal Governo italiano al Parlamento e alle Regioni lo scorso 15 settembre. Nelle linee guida elaborate dal Governo è stato specificato che esso intende configurare il piano su questi assi: sfide che il Paese intende affrontare; missioni del programma, a loro volta suddivise in cluster (o set) di progetti omogenei finalizzati alla realizzazione delle missioni e, di conseguenza, al superamento delle sfide stesse; singoli progetti di investimento, che saranno raggruppati in cluster; iniziative di riforma che saranno collegate ad uno o più cluster di intervento. Tra le sfide individuate: migliorare la resilienza dell’Italia; ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica; sostenere le iniziative verdi e digitali, transizione; aumentare il potenziale di crescita della sua economia e massimizzare la creazione di posti di lavoro. Le missioni sono sei e riguardano i seguenti argomenti: Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; Rivoluzione verde e transizione; Infrastrutture per la mobilità; Istruzione, formazione, ricerca e cultura; Equità sociale, di genere e territoriale; Salute.

Ciò che ci dispiace osservare finora è lo scarso coinvolgimento assicurato dalle Regioni non solo in termini finanziari, ma anche nell’elaborazione di misure per il rilancio del Paese. Dal punto di vista finanziario, va notato che a differenza di altri Paesi caratterizzati da una struttura regionale come la Spagna (che ha sostenuto le sue Regioni fornendo loro 16 miliardi di euro) e la Germania (13 miliardi di euro) dove tutte le misure erano state attentamente coordinate con i Länder, in Italia il governo dello Stato si è limitato a coprire le minori entrate delle Regioni stanziando circa 6 miliardi di euro. Ma ciò che appare più grave è il mancato coinvolgimento finora garantito alle Regioni che, se si esclude un’attività puramente informativa, non sono adeguatamente coinvolte nell’indicazione dei progetti da inserire nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha presentato documenti e richieste di maggiore coinvolgimento coerenti con la Costituzione italiana che affida lo sviluppo economico allo Stato e alle Regioni. Nel documento, redatto sul Fondo di recupero, le Regioni italiane hanno rilevato che le priorità di investimento indicano che esse sono configurate in linea con gli asset strategici da sviluppare nell’ambito del Piano Nazionale di Recupero e Resilienza.

La “sfida” in ordine alla piena utilizzazione dei fondi di recupero e di quelli già stanziati dalla normativa vigente per le spese di investimento, deve essere affrontata con un nuovo modello di sviluppo come chiave per la crescita dei territori in piena ed equa collaborazione interistituzionale. Si tratta di una tendenza generale nei sistemi regionali e in molti sistemi federali, la pandemia accresce i conflitti tra il livello federale e quello subnazionale o anche tra le unità subnazionali per quanto riguarda le competenze e le misure adottate. Come in Austria, dove il Parlamento federale ha emanato (e continua ad emanare) la legislazione COVID, che ha modificato non solo decine di leggi federali e creato nuove leggi, ma ha anche modificato la Costituzione federale con l’obiettivo, tra l’altro, di centralizzare le competenze. In diversi settori, come il diritto dell’energia o il diritto degli acquisti, i Länder hanno perso alcune competenze, il che è in linea con la tendenza generale alla centralizzazione in questo Paese.

In Italia, come in altri Stati europei regionali o federali, lo stato di emergenza innesca i seguenti fenomeni: (a) la prevalenza dell’esecutivo rispetto agli organi legislativi, (b) la prevalenza di organi piccoli o monocratici rispetto ai grandi organi collegiali, e (c) la prevalenza del centralismo rispetto al regionalismo o al federalismo. Va anche notato che in Italia, a seguito del diffondersi della pandemia COVID-19, è in corso un tentativo di centralizzazione in contrasto con i principi costituzionali. Allo stesso modo, non è chiaro come il governo intenda, a differenza di quello francese per esempio, affrontare la ripresa e con quali misure di coesione e di riequilibrio territoriale. In particolare, in un Paese fortemente diviso sul piano economico, sociale e territoriale come l’Italia. Basti pensare al divario economico e sociale tra Nord e Sud del Paese, che è aumentato drammaticamente negli ultimi anni (60 miliardi di euro annui vengono sottratti all’economia del Sud, essendo investiti nel Nord), ma anche alla condizione di insularità, uno degli elementi essenziali per le politiche di coesione e di riequilibrio territoriale.

L’Italia è il Paese con il più rilevante fallimento dell’integrazione a livello nazionale in Europa occidentale, con un fallimento delle politiche di integrazione perseguite negli ultimi 50 anni. Il termine “Mezzogiorno d’Italia” descrive una macroregione in cui le connotazioni economiche e culturali sono molto diverse dal resto dello Stato italiano e corrispondono, in larga misura, se non del tutto, all’attuale “Sud ” . Questa dicotomia è una delle cause principali della bassissima crescita dell’Italia, insieme a squilibri sociali ed economici che non hanno eguali negli altri Paesi della zona euro. Inoltre, a causa della fuga verso il Nord (non solo dell’Italia) di risorse umane altamente qualificate, il Sud continua a indebolirsi. Il divario tra Nord e Sud è evidente e persistente nonostante i consistenti trasferimenti finanziari destinati a favorire lo sviluppo socio-economico di questa parte d’Italia. I fondi sono forniti dal bilancio nazionale per gli investimenti e dai fondi strutturali europei. Le disparità territoriali costituiscono una questione seria, con conseguenze terribili per la competitività del Paese, che pregiudica il modo in cui l’Italia è vista nell’Unione Europea. L’immagine nazionale è ingarbugliata in descrizioni che sottolineano tratti di persistente dualismo socioeconomico. Numerose riforme, frutto dello spirito di modernizzazione degli ultimi trent’anni, sono state concepite per facilitare l’adeguamento del sistema economico e politico alla concorrenza globale e alle pressioni del mercato, per rafforzare la capacità dello Stato nella programmazione, nel budgeting e nel monitoraggio nell’elaborazione di nuove strategie di governo.

Purtroppo, la dicotomia sta crescendo, come ha sottolineato nell’ultimo rapporto la SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo Industriale del Sud, un think-tank per lo sviluppo del Sud Italia). Da questo punto di vista l’Italia è un “Paese diviso” e il suo Sud si trova ad affrontare una possibile desertificazione umana e industriale, secondo un rapporto sull’industria e l’occupazione. Svimez ha definito l’area “una terra a rischio di desertificazione industriale umana dove la gente continua a trasferirsi, non ha figli e diventa povera”. Ha aggiunto che, senza assistenza, questo potrebbe portare a un sottosviluppo permanente. Questa divisione culturale ed economica trova le sue radici in elementi di carattere storico, geografico, economico e culturale, che hanno contribuito al carattere più distintivo del Mezzogiorno d’Italia. Ma è chiaro che la Next Generation EU è l’ultima opportunità per risolvere “il più grande fallimento dello Stato italiano” dopo 160 anni di unificazione nazionale con una significativa risposta di coesione, mentre il Coronavirus rischia di allargare il divario Nord- Sud. Dopo Brexit, l’Italia è lo Stato europeo con il maggior numero di cittadini insulari (6,5 milioni su circa 17 nell’Unione).

Ebbene, nei documenti finora redatti dal governo italiano, non se ne parla e non trova ancora un fermo appoggio, ma dubbi e preoccupazioni, l’opera principale che potrebbe avere un impatto in questo senso, il Ponte sullo Stretto di Messina, un progetto fortemente voluto dalla Sicilia e dalla Calabria e ora richiesto da tutte le Regioni italiane. Essendo una delle più importanti infrastrutture europee, in linea con le esigenze del green new deal per le influenze positive sull’ambiente, il ponte non sarebbe solo un progetto pronto per la costruzione ma soprattutto un passo essenziale per completare il corridoio europeo scandinavo-mediterraneo, come si può vedere qui di seguito dal sito considerato dalla Commissione Europea tra le nuove infrastrutture da costruire.

Come sottolineato nella dichiarazione del Comitato,, contrariamente alle crisi precedenti, la crisi post-COVID-19 è stata simmetrica nel colpire tutti gli Stati membri, ma l’impatto geografico differenziato “aggraverà ulteriormente le divisioni economiche, sociali e territoriali, soprattutto in quelle regioni in cui la situazione prima della crisi era già più fragile e dove le prospettive di ripresa sono compromesse a causa degli svantaggi geografici e delle maggiori difficoltà a beneficiare del mercato unico”.

La Commissione Europea, nel “Documento di lavoro dei servizi della Commissione” , ha recentemente sottolineato, allo stesso modo, che “gli Stati membri sono invitati a dettagliare i processi e le strutture create a livello nazionale e regionale per garantire la complementarietà e il coordinamento della gestione delle varie fonti di finanziamento dell’Unione Europea”. Le strategie di rilancio devono quindi basarsi sulle esigenze e sulle opportunità locali e regionali e contare su partenariati tra imprese, pubblica amministrazione e società civile, pertanto, per l’Italia, come per qualsiasi altro Paese europeo, un approccio centralizzato da parte degli Stati nell’elaborazione e nella definizione della strategia di rilancio deve essere considerato inaccettabile, oltre che in contrasto con i principi del diritto europeo, anche con il diritto costituzionale interno.

Insieme ai partner della #CohesionAlliance, il CdR si batterà per una politica di coesione più forte e basata sul luogo, che sia dotata di risorse adeguate. Ciò comprende il rafforzamento del ruolo degli enti decentrati nella gestione e nell’investimento dei fondi dell’UE, in collaborazione con le autorità nazionali e dell’UE.

Gaetano Armao
Vicepresidente della Regione Siciliana – Componente il Comitato Europeo delle Regioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *