Morto a 108 anni lo scrittore Boris Pahor

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PROFESSOR BORIS PAHOR ALLA LIBRERIA CLAUDIANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL SUO LIBRO, INCONTRA LA COMUNITA SLOVENA DI MILANO, DOMENICA SARA’ OSPITE DELLA TRASMISSIONE ‘CHE TEMPO CHE FA’ (MILANO – 2008-02-16, Maurizio Maule) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate (FOTO REPERTORIO – 2022-05-30, Maurizio Maule) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate
ROMA (ITALPRESS) – E’ morto all’età di 108 anni lo scrittore e intellettuale di lingua slovena di Trieste, Boris Pahor. Ne dà notizia il quotidiano sloveno di Trieste Primorsky Dnevnik. Nato il 26 agosto del 1913 a Trieste, a sette anni assistè all’incendio del Narodni dom (Casa del Popolo), sede centrale delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste. L’esperienza, che lo segnò per tutta la vita, affiora spesso nei suoi romanzi e racconti. Pahor visse drammaticamente il trauma della negazione forzata dell’identità slovena, attuata dal regime fascista. Nell’ottobre 1952 sposò la scrittrice e traduttrice Franciška Radoslava Premrl (1921-2009), da cui ebbe due figli. Nel 1953 iniziò a insegnare regolarmente letteratura slovena alle scuole medie inferiori; in seguito insegnò anche letteratura italiana, successivamente, e fino al 1975, insegnò nelle scuole superiori con lingua d’insegnamento slovena a Trieste. Dal 1996 fino al 1991 fu direttore ed editore della rivista triestina Zaliv (Golfo) che si occupava, oltre che di temi strettamente letterari, anche di questioni di attualità, ospitando oppositori del regime di Tito e diventando un punto di riferimento per la dissidenza slovena. Nel 1975, assieme all’amico triestino Alojz Rebula, Pahor pubblicò il libro “Edvard Kocbek: testimone della nostra epoca”. Nel libro-intervista il poeta sloveno denunciava il massacro di 12.000 prigionieri di guerra, appartenenti alla milizia collaborazionista slovena (domobranci), perpetrato dal regime comunista jugoslavo nel maggio del 1945, con la connivenza delle truppe britanniche. Il libro provocò durissime reazioni da parte del regime jugoslavo. Durante un viaggio a Parigi, nel 1986, Pahor conobbe il filosofo Evgen Bavcar (1946), grazie al quale l’opera più importante di Pahor, Necropoli, romanzo autobiografico sulla sua prigionia nel campo di concentramento di Natzweiler-Struthof, trovò il suo primo editore francese. La traduzione francese di Necropoli rese Pahor famoso nel mondo, facendolo assurgere al rango di grande classico della letteratura del Novecento.(ITALPRESS).-foto agenziafotogramma.it-
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