Le “brioches” di Miccichè e la caponata “agrodolce” dei palermitani
Che mangino brioches! Questo è in sintesi l’affermazione del capo di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, davanti all’anelito dei palermitani affamati per la carenza di pane della liberazione da Orlando. “Io, noi (poi si dovrebbe capire chi sono il noi) non siamo pronti. Pertanto anche se concordo che tutto va allo sfascio più estremo tenetevi Orlando”.
Tutto in un gioco in cui al centro non c’è la città, i suoi abitanti, il suo degrado urbano, la carenza assoluta di servizi, la perdita devastante del suo mare, ma i giochi sulle regionali e nazionali da cui poi, per residualità, verrà scelto il Sindaco di Palermo. Un gioco ad incastro, di destini e carriere personali, in cui una mozione di sfiducia farebbe scardinare un tassello che avrebbe inevitabilmente conseguenze non per i cittadini ma per i cosiddetti “addetti ai lavori”.
Una visione della realtà che oscilla tra la Maria Antonietta della Versailles dei Normanni ed il padrone delle ferriere del centrodestra. Un centrodestra che sta mutando, anche per scelte di Silvio Berlusconi, troppo rapidamente per l’insicurezza personale degli attori siciliani. Da qui il continuo ricatto e raccatto su Palazzo D’Orleans, sulla ricandidatura o meno di Musumeci, e sull’alternativa a sinistra per un cosiddetto (impossibile) governo Draghi in Sicilia. Palermo è in sostanza merce di scambio, il piatto indigesto di una cena a Villa Igea avvenuta una decina di giorni fa tra Orlando e Miccichè.
Per voi palermitani stiamo cucinando una caponata agrodolce. Nel frattempo se avete fame ci sono le brioches.