L’Ebete di Palermo e il Leviatano Leoluca

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A scanso di equivoci o, peggio, querele vi dico subito che L’Ebete sono io. Un paio di dipendenti della Reset mi volevano piantare in piazza Politeama ma mi hanno ritenuto poco idoneo. Io non so il Cedro o il Cipresso ma io sono proprio Ebete.
Non riesco a capacitarmi del meraviglioso cambiamento della città negli ultimi 35 anni dell’era Orlando.
Non capisco che le incongruenze, le superficialità e i disservizi sono una strategia che ci farà abbandonare queste cose borghesi e sostanzialmente di basso profilo come il traffico, il decoro, la pulizia per assurgere ad altre visioni ed idealità.
Io queste cose non le capisco, confesso, non avrò abbastanza Weltanschauung, non so nemmeno se si scrive così.
Non ho abbastanza cultura, essendo ebete, per capire la magnanimità del Leviatano Leoluca, che nella sua persona riunifica il potere temporale e quello ideologico-spirituale.
Io stupidamente pensavo che un Sindaco, una macchina comunale, siano lì per dare servizi ai cittadini.
Una visione miope e tutto sommato meschina.
Non avevo percepito che l’orlandismo è una religione che supera l’immanente, un po’ come Scientology.
Il problema è che non sono l’unico Ebete.
Tanti altri ebeti si stanno infoltendo creando una conifera di scetticismo sulle magnifiche sorti progressive, tranviarie o ciclabili che siano.
L’Ebete sta diventando bosco.

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