Al Teatro Biondo di Palermo Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry, parla in siciliano nella riscrittura di Giovanni Calcagno

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La lingua siciliana e quella italiana si fondono nella drammaturgia e nelle rime di U Principuzzu Nicu, la riscrittura in versi che Giovanni Calcagno ha liberamente tratto da Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry e che va in scena nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo dal 31 gennaio al 4 febbraio: le prime sei recite – le mattine del 31, 1 e 2 – sono riservate alle scuole (info 091 7434301), mentre le pomeridiane di sabato 3 e domenica 4 febbraio sono aperte al pubblico di adulti e bambini.

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Insieme a Calcagno (nei panni dell’aviatore), sono in scena Luca Mauceri, anche autore delle musiche, e Salvatore Ragusa, che cura anche le scene insieme a Ignazio Vitali; le luci sono di Aldo Ciulla e Ségolène Michelin. Lo spettacolo è prodotto da La Casa dei Santi.

«Quando si legge Il Piccolo Principe – afferma Calcagno – ci si chiede spesso se sia una favola scritta per gli adulti o per i ragazzini. Tale ambiguità rende il racconto misterioso e inafferrabile: in questo senso, i viaggi dell’aviatore e del piccolo principe non sono solo spostamenti geografici o interstellari, ma anche avventure ed esplorazioni nei mondi interiori dell’uomo. Proprio per questo il libro di Saint-Exupéry porta con sé un insegnamento speciale. Tutto ciò ci è stato trasmesso dall’autore attraverso una storia che è semplice come i racconti dei nostri nonni. Questa semplicità è uno degli aspetti del testo originale che ho voluto maggiormente salvaguardare».

Lo spettacolo vive di atmosfere ed emozioni create con essenzialità e rigore. L’unico elemento scenografico è l’aereo incidentato dell’aviatore precipitato nel deserto.

«È un aereo – spiega Calcagno – composto da pezzi che mi ricordano le costruzioni di legno che trovavo dai miei nonni. Un aereo “a pezzi”, che diventa un mondo capace di rievocare i tanti mondi del viaggio del piccolo principe. È al contempo un oggetto-metafora di un percorso interiore, perché alla fine sarà “riparato” dal lavoro che i due protagonisti avranno compiuto nel corso di questo incontro. Entrambi saranno così pronti a ripartire, seppure per destinazioni diverse».

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