“Carovana per la Giustizia” in Sicilia, delegazione del partito radicale a casa di Bruno Contrada

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Rita Bernardini con Bruno Contrada

Nell’ambito della “Carovana per la Giustizia”, iniziativa promossa dal partito radicale, si è svolto oggi l’incontro di una delegazione, composta da Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Rita Bernardini con Bruno Contrada presso la sua abitazione palermitana.

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Bruno Contrada, che ha annunciato la sua prima iscrizione al Partito Radicale ha dichiarato: “Colgo l’occasione per ringraziare il Partito Radicale per questa vicinanza e manifestazione di solidarietà umana che hanno mostrato oggi venendomi a trovare. Non parlerò della mia vicenda giudiziaria dovremmo stare qui da oggi fino alla fine dell’anno venturo. Non sono ancora in grado di dare un giudizio in merito agli ultimi accadimenti che possa corrispondere alla verità. Confesso di non aver capito quello che mi sta succedendo. Posso dire che per legge le perquisizioni non posso essere effettuate dalle 20 alle 7 di mattina, se non per motivi di urgenza. Nel mio caso quale urgenza c’era? Mi limito a dire a coloro che mi ascoltano o mi ascolteranno che nessuno dei fatti che mi sono stati contestati e addebitati, e per i quali sono stato condannato a 10 anni, sono stati da me commessi. Non ho mai commesso azioni contrarie ai principi e alla norme dello Stato, della nostra Patria, al massimo credo di essere incorso in qualche contravvenzione stradale.  Oltre questo non ricordo di aver commesso altra azione illecita. Ho scontato la pena rispettandola anche se l’ho criticata e appellata nelle sedi competenti. Vorrei che gli altri, in particolar modo coloro che hanno preteso dai cittadini il rispetto delle sentenze, e che hanno indossato la toga, rispettino adesso le mie sentenze: e cioè quella europea di Strasburgo e quella della Corte Suprema di Cassazione”.

Sergio D’Elia, segretario di Nessuno Tocchi Caino ha detto: “Con la Carovana per la Giustizia tenteremo di salvare lo Stato di Diritto nel nostro Paese. Un altro nostro obiettivo è quello di rendere la giustizia più umana. Con Rita Bernardini speriamo di vedere presto approvati i decreti attuativi dell’Ordinamento penitenziario. Salvare la vita del Diritto significa salvare il Partito Radicale, raggiungendo i 3000 iscritti entro il 31 dicembre. Stamattina abbiamo raccolto nel carcere Pagliarelli 500 sottoscrizioni alla pdl sulla separazione delle carriere, promossa dall’Unione delle Camere Penali. Non potevano non venire a trovare poi Bruno Contrada. Ci lega a lui una storia che è iniziata già con Marco Pannella; i due si sono incontrati più volte. Il primo motivo per il quale siamo qui oggi è di solidarietà umana verso Bruno. Il secondo è quello che coincide con la realtà della giustizia nel nostro Paese: Bruno Contrada è un caso emblematico di decine di migliaia di casi, di quelle persone nei confronti delle quali vi è stato un accanimento giudiziario, la teoria dei processi a cui sono state sottoposte si è protratta per così tanto tempo per cui si può dire che un processo che si porta avanti per dieci, quindi anni è un processo ingiusto di per sé; poi a ciò si aggiunge accanimento investigativo, come negli ultimi giorni, per cui una indagine per essere eclatante deve contenere il nome di un illustre personaggio e hanno trovato il nome di Bruno Contrada”.

Rita Bernardini, membro della presidenza del Partito Radicale ha aggiunto: “Bruno Contrada ha subìto un trattamento vigliacco da parte dello Stato: 25 anni di dolore e sofferenza profonda. Ricordo ancora le tante telefonate con la moglie e poi gli incontri nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Gli incontri sono sempre stati straordinari per la ricchezza dei contenuti utili a continuare a fare dell’Italia uno Stato di Diritto. L’Italia ancora non sa cosa vuol dire essere Stato di Diritto. Dopo farò anche una telefonata all’ex questore Ignazio D’Antone, a cui sono affezionata, altro servitore dello Stato, una persona ferma, integerrima nel lavoro che ha fatto per servire questo Stato che ha scontato 8 anni di carcere senza che gli si concedesse neanche un permesso per andare a casa, come anche a Bruno, a differenza di altre persone condannate per reati gravissimi, come pluriomicidi, che invece li hanno ottenuti”.⁠⁠⁠⁠

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