Isidoro Farina : “Scrivere un libro è solo metà del viaggio. L’altra metà è condividerlo”

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“Le presentazioni sono momenti in cui il libro smette di essere solo tuo e comincia a vivere nella mente e nel cuore di chi lo legge”

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Isidoro Farina

“I libri si devono scrivere, non presentare”. È la nuova posa da intellettuale 4.0: lo scrittore che disdegna le , come se incontrare i lettori fosse una forma di intrattenimento da fiera paesana. E invece no: è solo paura (o pigrizia) mascherata da teoria letteraria.

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Perché va detto: se Proust fosse rimasto chiuso in camera a dire “i miei lettori mi capiranno da soli”, oggi starebbe ancora aspettando una recensione. Anche Dante – che non era esattamente un PR da salotto – sapeva che ogni tanto bisognava spiegarsi.

Scrivere un libro è solo metà del viaggio. L’altra metà è condividerlo. E no, non basta pubblicarlo online o aspettare che “si venda da solo” perché è “bello”.

Le presentazioni non sono un supplizio. Sono una parte del mestiere. Le presentazioni non sono solo “marketing”.
Sono incontri reali. Sono momenti in cui il libro smette di essere solo tuo e comincia a vivere nella mente e nel cuore di chi lo legge.

Un libro non si compie quando finisci di scriverlo, ma quando qualcuno te ne parla. Anche solo per dirti che preferiva il finale diverso.

Incontrare i lettori serve eccome:

  • ti obbliga a ragionare su quello che hai scritto;
  • ascoltare chi ti ha letto (o lo farà);
  • spiegare cosa c’è dietro la scrittura, i temi, le emozioni;
  • creare un legame autentico, umano;
  • ti ricorda che i tuoi pensieri non sono sacri, ma condivisibili (e discutibili);
  • ti espone al rischio, bellissimo, del dialogo;
  • e sì, magari ti fa anche vendere due copie in più. Lo so, orrore.

Chi scrive per essere letto non può snobbare chi legge. E se il libro è un ponte, forse ogni tanto vale la pena attraversarlo.

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