Presentato protocollo d’intesa in commissione Antimafia su gestione beni confiscati

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Cracolici: “Restituzione sociale altra gamba della battaglia repressiva contro la mafia”

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Creare un percorso istituzionale condiviso per la gestione dei beni confiscati alle mafie, valorizzando il riutilizzo sociale ed economico: è l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato oggi in commissione Antimafia all’Ars, e presentato alla stampa dal presidente della commissione, Antonello Cracolici, dai componenti della commissione, dai presidenti dei cinque consorzi per la legalità e lo sviluppo, con alcuni sindaci. “In Sicilia meno della metà dei beni confiscati a cosa nostra sono stati destinati, ma la restituzione sociale è l’altra gamba della battaglia repressiva dello Stato contro la mafia – ha detto il presidente Antonello Cracolici – su 392 comuni siciliani sono 60 i comuni che fanno parte dei consorzi di sviluppo e legalità nei territori. Con questo protocollo intendiamo rimettere in piedi i consorzi nelle province dove non esistono e rilanciare, dando nuovi strumenti, quelli già esistenti, per superare criticità e diffondere buone pratiche, favorendo sinergie e superando difficoltà burocratiche e gestionali che spesso si manifestano nella quotidianità, per trasformare i beni confiscati in opportunità di lavoro”.

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Antonello Cracolici

In rappresentanza dei cinque consorzi sono intervenuti: Vincenzo Liarda, presidente del consorzio madonita per la legalità e lo sviluppo, Girolamo Di Fazio, presidente del consorzio etneo per la legalità e lo sviluppo, Alessandro Cavalli, presidente del consorzio sviluppo e legalità di San Giuseppe Jato, Francesco Li Vigni, presidente del consorzio trapanese per la legalità e lo sviluppo e Maria Grazia Brandara, presidente del consorzio tra comuni agrigentini per la legalità e lo sviluppo. “L’auspicio è trasformare i beni dove si facevano summit di mafia in occasioni di sviluppo per la Sicilia”, ha detto Liarda, che è anche il coordinatore dei consorzi. 

“I sindaci e gli amministratori sono la prima frontiera del contrasto alle mafie nei territori – ha aggiunto Cracolici – per questo riprenderemo a incontrare, con la commissione Antimafia, tutti i sindaci della Sicilia e i comitati dell’ordine e della sicurezza per rimettere al centro questi temi con un ruolo più attivo per sindaci e prefetture”. 

“Sui beni confiscati alla mafia – afferma Roberta Schillaci, vice capogruppo del Movimento Cinquestelle all’Assemblea regionale siciliana – occorre un deciso cambio di passo. Vanno velocizzate le procedure per l’assegnazione degli stessi affinché se ne abbia un riuso sociale immediato. Del resto, la rete dei beni confiscati e da affidare rappresenta la più grande holding immobiliare del Paese e dalla loro gestione deriva occupazione e sviluppo. Oggi in Commissione regionale Antimafia abbiamo accolto i cinque consorzi di Legalità e Sviluppo della Sicilia che hanno sottoscritto un protocollo di intesa finalizzato alle politiche di valorizzazione e riutilizzo sociale ed economico dei beni confiscati. In una terra come la nostra, dove nei prossimi anni si stima che andranno via migliaia di giovani, pari alla popolazione di tre città capoluogo come Enna, Caltanissetta e Ragusa, non possiamo consentire che i beni rimangano in mano a soggetti “prevenuti”, come è già accaduto in provincia di Catania. Ci adopereremo per dare un coordinamento a tutta la materia col fine di stimolare il varo di strumenti normativi innovativi, in grado di dare risposte celeri sia da parte delle Prefetture che da parte dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati e sequestrati. In tal senso i Consorzi saranno un utile collegamento tra Agenzia nazionale, prefetture, territori e amministratori locali. In Sicilia ci sono già esempi di eccellenza nella gestione dei beni che vanno presi come paradigma per ripetere le stesse buone pratiche. Ma sappiamo che molte volte la mancata assegnazione di beni crea punti di frattura davanti ad emergenze sociali: penso ad esempio – conclude Schillaci – al caso recente di una donna siciliana vittima di violenza che non ha trovato una casa rifugio pronta ad accoglierla”.

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