Operazione di recupero delle “reti fantasma”, abbandonate sui fondali del mare fra Pollina e Cefalù
Operazione di recupero delle “reti fantasma”, abbandonate sui fondali del mare fra Pollina e Cefalù. Stamattina tappa conclusiva della Missione Euridice, una importante attività di recupero di reti da pesca abbandonate sui fondali marini del Golfo di Cefalù, grazie all’impegno e all’intraprendenza dei fratelli Spinelli, Andrea e Marco. L’iniziativa è stata sostenuta anche dall’assessore regionale al Territorio e Ambiente Toto Cordaro. Il Comune di Cefalù ha patrocinato l’iniziativa e si è occupato dello smaltimento delle reti recuperate con il contributo della Capitaneria di Porto e del suo Reparto Sub, dei Pescatori di Cefalù e dei Ricercatori dell’Istituto Oceanografico di Valencia, guidati da Andrea Spinelli.
La pulizia dei fondali e l’eliminazione delle reti fantasma è diventata la priorità per proteggere la vita marina. Gli ALDFG – acronimo di Abandoned, lost or otherwise discarded fishing gear – diventano vere e proprie trappole che occupano i fondali o che vengono trascinate dalle correnti continuando ad imprigionare e a pescare la fauna marina. Quando sono abbandonate sui fondali, continuano a svolgere la loro funzione killer e non lasciano scampo. Se, soprattutto quando fluttuano, le reti abbandonate continuano a pescare, quando invece si poggiano sui fondali finiscono per compromettere organismi come le fanerogame marine – ad esempio la posidonia – le alghe brune, verdi e rosse e gli organismi incrostanti come quelli che compongono il coralligeno. Le reti e gli attrezzi fantasma, possono arrivare ad alterare e degradare gli habitat marini, come ad esempio la barriera corallina, e comprometterne la biodiversità locale. Le “reti fantasma” sono tra le principali minacce per gli animali e gli ecosistemi marini.
Circa 100.000 mammiferi marini e un milione di uccelli marini muoiono ogni anno a causa dell’intrappolamento in queste reti o per l’ingestione dei relativi frammenti. Tartarughe, pesci, cetacei, squali, foche, crostacei, uccelli che si gettano in acqua per catturare piccole prede, muoiono per soffocamento, per l’impossibilità di procurarsi il cibo o anche nel tentativo di liberarsi. I fondali marini, infatti, sono pieni di reti abbandonate o perse accidentalmente che tra i rifiuti marini rappresentano una delle minacce più grandi per l’ecosistema. Sono un pericolo per la fauna marina, perché gli animali rimangono intrappolati e soffocano. Inoltre, con il tempo, si sminuzzano in piccoli pezzi, le microplastiche, che vengono ingerite dagli animali. Secondo un rapporto realizzato da FAO e Unep (2009), ogni anno in tutto il mondo vengono abbandonate o perse dalle 640.000 alle 800.000 tonnellate di attrezzi da pesca (reti, cordame, trappole, galleggianti, piombi, calze per mitilicoltura). Il 46% dei rifiuti presenti nel Great Pacific Garbage Patch è costituito da attrezzature e reti da pesca perse o abbandonate. Nel Mediterraneo, recenti ricerche condotte in diverse località, indicano che gli attrezzi da pesca possono rappresentare addirittura la maggior parte dei rifiuti marini registrati, con cifre che raggiungono anche l’89%. Questi numeri fanno degli attrezzi e delle reti da pesca il primo rifiuto rinvenuto nei mari.