Messina, i lavori di scavo portano in luce sette tombe parte di una necropoli
I lavori di scavo per la realizzazione di un edificio di civile abitazione hanno portato in luce a Messina un settore della più ampia necropoli ellenistico-romana degli Orti della Maddalena del II sec a.C. .
La necropoli, che fa parte di una più vasta e stratificata area documentata da ricerche sistematiche condotte nell’ultimo ventennio dalla Soprintendenza di Messina in tutta l’area, contribuisce ad arricchire il quadro delle conoscenze sull’estensione e sulle tipologie funerarie della necropoli meridionale dell’antica città di Messina.
“Si tratta di un importante ritrovamento – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana – che si realizza a poche settimane di un analogo ritrovamento a Marsala. Ancora una volta tombe fino ad ora inviolate che ci rappresentano la ricchezza del nostro territorio e l’importanza degli scavi come elemento per la ricostruzione della nostra storia. Un grande apprezzamento alle soprintendenze di tutta le Regione per la puntuale attività di vigilanza preventiva grazie alla quale è stato possibile, ad oggi individuare numerose emergenze quali, appunto le tombe a Marsala, la residenza rurale del I secolo d.C. a Vallelunga Pratameno, la strada romana a Caltavuturo o il capitello a Gela. Sono tutte scoperte – evidenzia l’assessore Samonà – che devono indurre il governo regionale a potenziare ancora di più l’attività di ricerca”.
Lo scavo, avviato nel mese di gennaio 2020, ha permesso di riportare in luce sette sepolture che si trovavano a 90 centimetri di profondità. Si tratta di sepolture a “fossa terragna”, cioè fosse lunghe e strette scavate nel terreno all’interno delle quali sono stati ritrovati gli scheletri, ancora intatti, di individui deposti in posizione supina con il capo rivolto a nord-est e le braccia distese lungo i fianchi, di incinerazioni e di una sepoltura dentrouna cassa di mattoni.
Le tombe hanno restituito anche oggetti di corredo funerario costituiti principalmente da unguentari fittili fusiformi oltre a una coppa “megarese” e una lucernetta con becco a incudine che consentono di individuare il periodo di utilizzo della necropoli nel II sec a.C..
“Questo ritrovamento– dice Mirella Vinci, Soprintendente di Messina – è di straordinaria importanza per le condizioni in cui le tombe si trovano e perché ci consente di ampliare la conoscenza sulle tipologie funerarie della necropoli meridionale dell’antica città di Messina. Proprio in considerazione dell’importanza del ritrovamento abbiamo effettuato un’occupazione temporanea dei terreni e consegnato i lavori di esplorazione archeologica ad una ditta specializzata che lunedì 19 inizierà le attività di approfondimento”.