Piersanti Mattarella: 40 anni fa l’assassinio. La commemorazione a Palermo
E’ stato commemorato stamane a Palermo, nel quarantesimo anniversario della sua uccisione, il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. La giornata è iniziata con la deposizione delle corone di alloro in via Libertà, luogo dell’eccidio. A seguire l’intitolazione del Giardino inglese e, infine, una seduta solenne all’Assemblea regionale siciliana, con la partecipazione del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Oltre ai familiari di Piersanti Mattarella, presenti fra gli altri, il Ministro Giuseppe Provenzano, il Presidente della Regione Nello Musumeci, il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il Presidente del Consiglio Comunale di Palermo Totò Orlando e la Prefetta Antonella De Miro.
“Mi sia consentito di rivolgere, anche a nome del governo della Regione, un sincero e deferente saluto al signor Presidente della Repubblica, alle autorità, alle signore e ai signori presenti in questa navata le cui mura trasudano storia plurisecolare. Sono le stesse mura testimoni dell’appassionato, intelligente, coraggioso impegno profuso nel corso di tre legislature da Piersanti Mattarella da autorevole protagonista” – ha detto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci nel corso del suo intervento –. “Prima da parlamentare e poi da uomo di governo, sia come assessore alla presidenza con delega al Bilancio e soprattutto come presidente della Regione per quasi due anni dal marzo del 1978 a quel fatale gennaio 1980. Nonostante il breve arco di tempo, l’attività legislativa e gestionale del giovane presidente, ormai consacrata negli atti parlamentari, ci dà la misura del suo notevole spessore culturale, della sua lucida capacità di analisi, della sua rara sensibilità di cattolico militante, della sua abilità nel saper mediare anche nei momenti difficili sempre alla ricerca di soluzioni unitarie. Con un simile bagaglio, chissà quale futuro avrebbe avuto quel giovane figlio d’arte predestinato alla vita pubblica se il destino non si fosse abbattuto su di lui come una mannaia a 45 anni costringendo a dischiudere le giovani ali in altissimi voli, come forse avrebbe detto D’Annunzio”.
“Ma se posso spingermi ad avanzare una personale e serena valutazione – ha aggiunto – dico senza alcun dubbio che il merito maggiore del presidente Piersanti Mattarella consiste nell’aver voluto e saputo accettare la difficile sfida del cambiamento della innovazione in una Sicilia che in quegli anni non era ancora disposta a cambiare. Un’atavica cultura della rassegnazione, assieme a un diffuso familismo, a un disarmante assistenzialismo, ad un innato spirito anarcoide aveva assegnato alla Regione Siciliana il ruolo di una sorta di ammortizzatore sociale per creare spesso occupazione senza lavoro. Gli enti economici regionali divoratori di copiose risorse finanziarie pesavano come zavorra a danno della spesa pubblica produttiva. La mafia, la cui presenza si osava negare in alcuni palazzi dell’Isola ancora alla fine degli anni ’70 attivava il suo feroce braccio armato per affermare la sua supremazia su tutto e su tutti nel disperato tentativo di controllare gli appalti pubblici e i copiosi flussi di denaro. E mentre giornalisti, politici, magistrati, uomini delle forze dell’ordine cadevano a Palermo sotto il piombo di Cosa nostra, lo Stato indugiava sulla necessità di far sentire la propria azione repressiva sempre e seppure invocata da più parti”. “Questo lo sfondo tragico e sanguinario sul quale Piersanti Mattarella è chiamato a condurre la propria azione alla guida della Regione. La spinta innovativa portò l’intelligente uomo politico alla riforma degli ordinamenti finanziaria amministrativi della Regione, e al varo di norme essenziali come quelle sull’urbanistica, sulla disciplina delle nomine negli enti locali, negli enti regionali, sulla programmazione economica, sul trasferimento di funzioni regionali ai Comuni, sugli appalti. Affinché – disse – si chiudessero alcuni canali che potevano prestarsi a forme di intermediazione parassitaria e quindi per eliminare condizioni economiche e sociali che favorissero inserimenti di tipo mafioso. Sulla necessità di risanare gli enti regionali improduttivi e parassitari, Piersanti Mattarella non usava mezzi termini. La Regione – diceva – non può destinare ulteriori risorse al mantenimento di situazioni puramente assistenziali destituite di reali prospettive economiche. E aggiungeva, stigmatizzando, l’erogazione di salari non guadagnati e non corrispondenti a un’effettività di prestazione lavorative rese in un reale e vitale processo produttivo. Convinto autonomista e meridionalista, il presidente Mattarella ebbe la consapevolezza che la condizione di sottosviluppo economico-sociale della sua Isola comportava l’indispensabile intervento dello Stato per un necessario programma di riequilibrio territoriale della Nazione”.
“E negli anni di imperante partitocrazia, il ‘tiranno senza volto’, come la definiva il costituzionalista Maranini, non mancò di denunciare la crisi della capacità rappresentativa dei partiti e al tempo stesso di rivendicarne l’insopprimibile autonomia nell’esercizio delle funzioni di governo. Poche settimane prima di essere ucciso aveva affrontato con un giornalista il problema della mafia. E’ una antico male – commentò – che sarebbe illusorio dire che può essere risolto con una legge. E avvertì la necessità al tempo stesso di invocare da parte dello Stato un’azione di carattere sanzionatorio-repressivo più decisa e organica. Infine l’accorato appello al popolo siciliano: Se tutti quelli che parlano di mafia – disse Mattarella – si comportassero per isolare la mafia, forse oggi avremmo fatto un grande passo avanti. E mentre alla fine del 1979 alimentava questa speranza, il presidente della Regione, dimissionario per la seconda volta, non sapeva di essere ormai l’uomo politico più isolato. L’uomo che aveva avuto il coraggio di tentare vecchi e pericolosi equilibri anche all’interno del suo stesso partito, ora è costretto a prendere atto di un’amara verità: nello scontro tra il vecchio e il nuovo, è ancora il vecchio a resistere e in parte a vincere. In un contesto caratterizzato da preoccupante opacità e contiguità politico-mafiose, pretendere di avere una Regione con le carte in regola diventava per Piersanti Mattarella non una sfida, ma una condanna a morte”.
“Il presidente della Regione è ormai diventato scomodo, e perciò costretto alla solitudine. Una solitudine affollata di cospiratori, come sempre accade in questi casi. Il tragico epilogo ha fatto sì che restasse incompiuto il lavoro avviato dal coraggioso uomo politico. E malgrado alcuni successivi generosi sforzi compiuti nel tempo, la Regione con le carte in regole resta un obiettivo vicino ma non ancora compiuto. Quale Regione immagina il presidente Piersanti Mattarella quando parla di carte in regola? E’ solo un problema legato all’organizzazione interna improntata all’efficienza, o all’uso delle risorse pubbliche finalizzate a determinare condizioni di reale sviluppo dell’Isola in una dimensione europea e mediterranea? O ancora all’assoluta impermeabilità dell’ente e delle sue classi dirigenti rispetto a qualsiasi forma d’illegalità o di condizionamenti nei confronti del potere esecutivo? Certo, tutto questo diventa il presupposto essenziale, ma non basta. La nostra Regione avrà davvero le carte in regola, signor Presidente della Repubblica, quando tutti i siciliani sentiranno forte l’esigenza di partecipare all’essenziale e non più rinviabile processo di cambiamento. Un cambiamento che postula la rinuncia a comportamenti ormai non più giustificabili e che nel tempo hanno costituito un comodo alibi per classi dirigenti sulle cui responsabilità grava anche la barbara fine del presidente Piersanti Mattarella e di tanti altri servitori delle istituzioni pubbliche. Rinnovare questo impegno, da parte di tutti, al di là delle appartenenze, dentro e fuori questo Palazzo – ha concluso Musumeci – credo sia il modo migliore per rendere onore alla memoria di Piersanti Mattarella, mentre sento di esprimere in questa circostanza, interprete di tutta la comunità siciliana, i sentimenti di affettuosa vicinanza ai suoi familiari”.
“Sono trascorsi 40 anni dall’uccisione di Piersanti Mattarella. Non sta a me, specialmente in presenza dei familiari, ripercorrere le tappe della sua vita politica, ne sapete certamente più di chiunque altro, ma vorrei soffermarmi sulle sue straordinarie intuizioni politiche, ancora oggi più che attuali” – ha sottolineato il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè -. “Dalla sua ferma volontà di redigere in tempi corretti i bilanci da presentare in Assemblea talmente chiari da trasformare la discussione di bilancio da un inutile rito a fondamentale atto di indirizzo. Tutto ciò si tradusse con l’introduzione, nella Regione siciliana, prima ancora che nello Stato centrale, del Documento di programmazione, del bilancio poliennale, del bilancio di cassa, accanto a quello di competenza, assicurando così il rispetto delle regole presupposto fondamentale per l’esercizio del controllo democratico da parte dell’Assemblea regionale siciliana e delle comunità isolane su tutti gli atti di governo”. “Altra importante intuizione fu quella di una seria politica meridionalista: Mattarella comprese che il Mezzogiorno d’Italia sarebbe stato destinato a un lento declino senza il coinvolgimento di tutte le forze politiche e di tutte le regioni del Sud che avrebbero dovuto allora, e che dovrebbero avanzare oggi unitamente , le proprie rivendicazioni allo Stato centrale, così come da sempre fa il Nord, ottenendo risultati certamente migliori”.
“Per questo, sin dal 1971, Mattarella fu uno dei promotori della Conferenza delle Regioni del Mezzogiorno, che si svolsero a Palermo, Cagliari, Napoli e Catanzaro. “Il problema principale da affrontare e risolvere al fine di pervenire ad una nuova politica meridionalistica – disse nel primo di questi incontri – è quello della creazione di una forza di pressione del Sud capace di controbilanciare le spinte e le sollecitazioni che sull’apparato politico-burocratico riesce ad esercitare la struttura socio-finanziaria del Nord”. Ed aggiunse: “I risultati nel Mezzogiorno, anche se rilevanti, resteranno inadeguati e insoddisfacenti rispetto al resto del Paese fin quando il sistema sarà dominato dalla volontà e dalla logica delle parti economicamente e socialmente più avanzate e quindi politicamente più forti. Che il problema principe per il Sud fosse quello della capacità di assumere una forte e pressante iniziativa unitaria risulta dalla verifica storica degli anni della politica meridionalista.
Il presidente che voleva la Regione con le Carte in Regola – ha evidenziato Miccichè -. “Questa commemorazione, però, non deve essere uno stanco rituale, ma l’occasione per riflettere sull’attualità del suo pensiero. Se a Piersanti Mattarella fosse stato consentito di continuare la sua opera politica e amministrativa, probabilmente, il Meridione e la Sicilia non si troverebbero nelle attuali condizioni di isolamento sociale ed economico. Le Carte in Regola erano e sono la condizione preliminare per un ordinato sviluppo”. “La consapevolezza del forte divario tra Sud e Nord gli consentì, per primo, di fiutare il pericolo che conteneva la proposta sulla costituzione della macro-regione della Padania, avanzata dal primo Presidente della Regione Emilia Romagna. “L’enorme forza sociale, economica e finanziaria come quella vagheggiata dal Presidente della Regione Emilia Romagna – scrisse Mattarella in un articolo pubblicato dal Giornale di Sicilia l’11 novembre del 1975 – è intuibile e finirebbe per avere sulle scelte generali nazionali l’esaltazione neocapitalista della concentrazione della ricchezza e la negazione di ogni nuovo modello di sviluppo”.
“Qualche decennio più tardi, fu la Lega Nord di Umberto Bossi, minacciando la secessione, a rilanciare il progetto della macro-regione della Padania. Non se ne fece nulla sia nel primo che nel secondo caso. Ma oggi, dopo l’introduzione dell’Autonomia differenziata nella Costituzione (art.116, 3° comma), il rischio che le più ricche regioni del Nord diventino sempre più ricche e quelle meridionali sempre più povere, Presidente Mattarella, è molto forte”. “Piersanti Mattarella, oltre che amministratore, fu un politico a tutto tondo: credeva fermamente nel ruolo determinante degli enti locali per favorire lo sviluppo delle comunità. Nel 1969 fondò, insieme con alcuni giovani amministratori, l’Asacel (Associazione siciliana enti locali) – della quale fu il primo presidente – che lo scorso anno ha compiuto 50 anni. Esortava i giovani a candidarsi nei consigli comunali, ritenendo questa un’esperienza molto importante e formativa. Nel 1979, l’Ars varò la legge con cui la Regione trasferiva ai comuni alcune importanti funzioni. Mattarella perseguiva quotidianamente, con ogni atto e ogni provvedimento, il cambiamento della Sicilia. La sua strategia prevedeva la modernizzazione dell’amministrazione regionale. Fu l’artefice, nel 1978, della riforma urbanistica: una legge che ridusse gli indici di edificabilità e mise a carico dei costruttori una parte del costo delle opere di urbanizzazione. La programmazione economica, la riforma degli appalti, la riforma della legge di contabilità, la riforma burocratica, la disciplina delle nomine negli enti regionali, il trasferimento di funzioni regionali ai comuni furono gli atti più significativi della sua presidenza”.
Uomo di fede, dotato di grande rigore morale, amministratore illuminato, autonomista e meridionalista, si batté per “sprovincializzare” l’attività politico-amministrativa della Regione: i deputati rimanevano legati al territorio, come succede ancora adesso, in cui venivano eletti. Ciò impediva ad essi di perseguire un disegno di sviluppo organico della Sicilia. Pretese anche la collegialità delle scelte di governo, impedendo che ogni assessorato si trasformasse in un regno autonomo del quale non dovere rendere conto a nessuno. La profonda formazione religiosa, convalidata da una pratica personale continua, alimentò in lui una fortissima tensione etica. Una morale esigente verso se stesso e verso gli altri, alieno da quelle tacite acquiescenze che costituivano tanta parte della prassi politico-amministrativa in Sicilia ed in altre regioni italiane. Questa coerenza tra la convinzione di alto livello etico e l’azione quotidiana nelle istituzioni e nel partito è la componente più caratteristica dell’attività di Piersanti nella politica siciliana ed in quella nazionale e costituisce la ragione preminente della sua affermazione come leader politico e insieme della sua drammatica morte. Nella sua intensa vita di politico e di amministratore regionale, Piersanti Mattarella, si misurò anche con le congiunture internazionali del suo tempo, da quelle economiche – la crisi energetica – a quelle militari: i missili della Russia puntati contro l’Occidente e quelli di Comiso contro Il blocco sovietico. O il vicino conflitto arabo-israeliano. Il presidente Mattarella prese atto del fallimento della Regione Imprenditrice e della mancata crescita dell’economia isolana. Fu critico anche nei confronti delle direttive per l’utilizzo dei fondi europei: “Sono fatte in maniera tale da apparire come disegnate apposta per non essere applicate”, disse nel corso del suo intervento all’Ars del 7 dicembre del 1979. Gli interventi infrastrutturali restano al palo, quelli assistenzialisti volano”.
Dal punto di vista politico, Piersanti Mattarella non ebbe vita facile. Aveva costituito il suo primo governo con il sostegno del Pci; sostegno che gli fu revocato nel marzo del 1979 quando Berlinguer ordinò a tutte le federazioni locali di togliere il sostegno a tutte le giunte che sostenevano dall’esterno. Una settimana dopo, Mattarella venne rieletto presidente della Regione con il sostegno di Dc, Psi, Pri e Psdi. Il 18 dicembre successivo, il Psi aprì una nuova crisi. Passeggiando tra i corridoi di Palazzo dei Normanni, confidò ai giornalisti che considerava conclusa la sua esperienza politica alla Regione e che si sarebbe trasferito a Roma per continuare l’azione politica del suo maestro, Aldo Moro. Ma la mattina del 6 gennaio del 1980, killer armati dalla mafia lo assassinarono. Piersanti Mattarella non è soltanto una figura da ricordare: le sue intuizioni, il suo modo di fare politica vanno lette, studiate e, per quanto è possibile, imitate dai giovani che si affacciano alla politica oggi. Presidente Mattarella, è per questo che l’ufficio di presidenza che ho l’onore di presiedere ha deciso di intitolare a suo fratello Piersanti la nuova biblioteca dell’Assemblea che sarà ospitata a Palazzo ex Ministeri a pochi metri da questa Assemblea, i cui lavori sono finalmente iniziati dopo 30 anni e che speriamo di potere completare il prima possibile”.
“Piersanti Mattarella – ha sottolineato Leoluca Orlando – fu vittima di un potere criminale e mafioso, comunque eversivo. Un potere criminale e mafioso che era un sistema ad alleanze variabili, che andavano dall’eversione fascista fino alla criminalità di borgata. Un potere capace di mettere insieme elementi che sembrano lontanissimi: la dimensione internazionale e quella più locale. Piersanti Mattarella è stato un “Resistente della Costituzione”, è stata una presenza eversiva in un normalità che era criminale. Essere qui vuol dire anche ricordare la sua visione e fede europeista, nei confronti di tutte le spinte e tutte le logiche separatiste che hanno afflitto la nostra Regione, interpretando malamente il senso dell’autonomia”.
“Piersanti Mattarella prestò attenzione, con atti concreti e con leggi, al tema del bilancio, essendo eversivo rispetto ad un sistema che non voleva trasparenza dei conti pubblici regionali. Ha prestato attenzione all’apparato burocratico, convinto che la riforma della burocrazia fosse condizione indispensabile per la trasparenza e l’efficienza. Ha prestato attenzione ai servizi resi ai cittadini e, per essi, ai Comuni, con la legge 1 del 1979. Fu anche quella un’operazione che apparve eversiva, sottraendo al potere indiscriminato e spesso mafioso degli assessorati regionali decine di miliardi di lire, che furono distribuiti ai Comuni perché dessero servizi ai cittadini. Furono indicate delle priorità per quei servizi; priorità ancora oggi valide e di straordinaria attualità e che ci richiamano ogni giorno ai nostri doveri di amministratori. Prestò attenzione all’urbanistica, tagliando le unghia alla speculazione e interrompendo il “sacco” di Palermo, provocando la reazione di Vito Ciancimino degli altri mafiosi come lui e degli altri non considerati mafiosi ma operanti nello stesso sistema di potere che pervadeva ogni parte della società civile e del sistema istituzionale. E come non ricordare la sua attenzione per il sistema dei lavori pubblici, con la eversiva modifica radicale del sistema dei collaudi e l’eversiva rotazione dei Dirigenti. E quando qualcuno diceva al Presidente “Non è troppo avanti?”, le sue parole erano sempre che occorreva rompere il sistema di potere o non ci sarebbe stato futuro per la Sicilia.
Erano tutti questi, gli elementi di quella che lui chiamava la “politica delle carte in regola”. Piersanti Mattarella aveva uno straordinario rispetto per il primato della politica, coniugato con la tensione etica, richiamata dall’art. 54 della Costituzione. Ecco perché egli fu un Resistente della Costituzione in tempi terribili e difficili. Ecco perché quando Mattarella richiamava il primato della politica unito all’etica, appariva ancor di più un eversivo, rispetto ad un potere politico che allora aveva sì un primato, ma un primato criminale. Piersanti ci ha indicato una strada: la libertà dalla paura. Il messaggio più profondo che viene dalla sua esperienza umana e politica è il ricordarci che è possibile essere liberi dalla paura. E lo fece convinto fino in fondo che il modo migliore per sconfiggere la paura è il dialogo con il diverso da sé. Il compromesso storico non era per lui una formula politichese; era la convinzione di una visione, del dialogo con l’altro. E quel compromesso storico, spento nel sangue di Aldo Moro e delle vittime di via Fani, spento nel sangue di Piersanti Mattarella, portava a parlare col diverso prima ancora che cadesse il Muro di Berlino, rompendo lo status quo nel quale stava l’impunità dei politici italiani anticomunisti. La stessa impunità di chi a Est reprimeva violentemente nel nome dell’opposizione all’occidente. La sua visione e le sue ragioni erano profonde era per convinzione personale e tradizione familiare un cattolico democratico. Faceva del cattolicesimo democratico la regola del proprio comportamento, il punto di partenza e l’orizzonte del suo agire politico. Per questo egli fu un eversivo e di resistente, in un tempo in cui la mafia governava questa città. Oggi possiamo dire tutti insieme – ha concluso Orlando – che Piersanti ha compiuto fino in fondo la propria missione, che se a Palermo il Sindaco, il magistrato, il giornalista, le istituzioni non hanno il volto della mafia lo si deve a anche Piersanti. Per questo oggi tutti insieme non possiamo che dire un accorato e affettuoso “Grazie Piersanti”.