Di Piazza: “Col reddito di cittadinanza 8 punti in meno di emarginazione sociale”
“Il Reddito di cittadinanza nell’immediato ha ridotto di 8 punti l’indice di emarginazione sociale in Italia. Su una stima Istat di 1,8 mln di famiglie in povertà assoluta, beneficiano della misura di politica attiva 2,3 mln di soggetti, di cui il 65% al Sud. Dobbiamo già essere soddisfatti di questo primo risultato”.
Lo ha detto il sottosegretario al Lavoro, Stanislao Di Piazza, intervenuto oggi a Palermo al convegno sulle Politiche attive del lavoro organizzato dal Dems dell’Università di Palermo e dalla Fondazione consulenti per il Lavoro.
“Quanto al loro completo reinserimento, attraverso formazione, completamento degli studi, lavori utili nei Comuni, ricerca di un impiego – aggiunto Di Piazza – il ministero ha attivato tutti gli strumenti e i Centri per l’impiego tornano ad essere centrali grazie ad un piano straordinario di rafforzamento che stanzia 160 mln nel 2019, 130 mln nel 2020 e 50 nel 2021, parte per infrastrutture e parte per assumere, da parte delle Regioni, 3mila nuovi addetti dal 2020 e altri 4.600 dal 2021”.
Infine, Di Piazza ha auspicato un Patto di responsabilità fra governo, Regioni, enti locali e stakeholders privati per migliorare l’efficacia dei Centri per l’impiego e delle politiche del lavoro in generale.
A proposito del Reddito di cittadinanza, il presidente della Fondazione Lavoro, Vincenzo Silvestri, ha spiegato che le imprese “non possono ancora assumere con sgravio i percettori della misura perché manca la delibera con cui l’Anpal deve sbloccare l’attribuzione ai singoli soggetti dell’assegno di ricollocazione da spendere per attivare le politiche attive di ricerca di un impiego. Per questa ragione, tutti quelli che sono già stati convocati per sottoscrivere il Patto per il lavoro dovranno essere convocati una seconda volta per ricevere questa dote. Nel frattempo trascorre il tempo e si riducono le mensilità residue del Reddito che spettano come incentivo all’impresa che assume”. Motivo in più, ha concluso Silvestri, per cui “la sfida del Reddito di cittadinanza potrà essere vinta solo se Stato, Anpal e Regioni realizzeranno una necessaria integrazione pubblico-privato per collaborare tutti al rapido ed efficiente funzionamento delle politiche attive del lavoro”.
Dal convegno sono emerse tante altre criticità. A livello Ue L’Italia spende troppo in politiche passive (1,29% del Pil) e poco in politiche attive del lavoro (0,41% del Pil). In quest’ultimo ambito spende troppo in incentivi che spesso non danno occupazione duratura, ma troppo poco in placement, cioè la preparazione del soggetto al lavoro, come orientamento e formazione. Gli esperti di politiche attive che operano nei Centri per l’impiego e nelle Agenzie private del lavoro spesso non hanno un approccio multidisciplinare e un modello di governance collaborativa.
Devono inoltre destreggiarsi tra 21 diverse norme regionali sulle politiche attive e ben 4mila codici di qualificazione di titoli professionali rilasciati dalle Regioni, al cui interno ogni codice contiene almeno 4 competenze diverse. L’Inapp ha creato l’Atlante del lavoro che con meccanismi di “traduzione” prova a rendere spendibile un titolo in tutte le regioni.
In questo sistema complesso l’Anpal può solo provare con molte difficoltà a coordinare i servizi che sono gestiti in autonomia da 21 Regioni e 11 enti diversi. Ad esempio, in Sicilia i navigator non hanno ancora le postazioni né le credenziali di accesso alla piattaforma informatica nazionale.
Le Agenzie private del lavoro sono soggette ad una doppia autorizzazione: quella nazionale e l’accreditamento presso ciascuna regione e con criteri diversi. Per attivare un tirocinio extracurriculare, ogni regione ha regole diverse.
Per contribuire a fronteggiare i tanti disagi evidenziati, il Dems – come hanno annunciato il direttore Alessandro Bellavista, il responsabile del Placement Francesco Ceresia e la docente Marina Nicolosi – ha deciso, in collaborazione con la Fondazione Lavoro, di attivare dal prossimo mese di gennaio corsi di alta formazione per aggiornare le competenze degli attuali esperti di politiche attive del lavoro e per preparare chi si accingerà a diventarlo, con l’obiettivo di offrire al mercato “certificatori” di competenze da spendere sull’intero territorio europeo.