“Idomeneo” di Mozart al Massimo: “Il conflitto tra padre e figlio”
In questi giorni è in scena per la prima volta al Teatro Massimo di Palermo (nel 1983 fu rappresentata al teatro Politeama) una splendida edizione dell’Idomeneo di Mozart il cui allestimento è curato dal teatro delle Muse di Ancona. Quest’opera, scritta da Mozart nel 1780 all’età di venticinque, viene allestita non frequentemente e a torto a mio parere, dato che è molto bella e innovativa per quei tempi e fa emergere lo straordinario talento musicale che il genio aveva manifestato fin dalla sua prima infanzia.
L’opera, definita dallo stesso Mozart “seria” è scritta in lingua italiana su libretto dell’abate Giambattista Varesco che si era rifatto all’omonimo libretto di Antoine Danchet per la Tragédie-lyrique Idoménée di André Campra. A quanto sembra era molto amata dal Mozart probabilmente per il tema centrale riguardante l’introspezione psicologica del rapporto fra padre e figlio che gli ricordava il suo tormentato rapporto che ebbe con il padre musicista Leopold.
La trama è ispirata dai personaggi della mitologia greca dato che c’è Idomeneo, re di Creta che nel fare ritorno in patria, dopo la caduta di Troia, promette imprudentemente al dio Nettuno di sacrificargli il primo uomo che incontrerà appena giunto a terra, in cambio del calmarsi della tempesta che stava mettendo in ginocchio la sua flotta. Il destino beffardo gli farà incontrare nientemeno che il proprio figlio Idamante che non vedeva da anni che a sua volta è amato non ricambiato da Elettra, figlia di Agamennone, rifugiata proprio a Creta dopo la morte della madre Clitennestra. Idamante invece ama la dolce Ilia, figlia del re Priamo, inviata come prigioniera di guerra a Creta e che è combattuta fra l’amore per il principe e l’orgoglio e la nostalgia per la sua patria lontana.
Nell’opera di Mozart il finale è a lieto fine perché Nettuno, di fronte al coraggio di Idamante, disposto a farsi uccidere dal padre per placare l’ira di Nettuno e la tempesta che aveva provocato, e all’amore di Ilia disposta a morire con lui, perdona Idomeneo imponendogli però di abdicare in favore dei figlio e di Ilia.
Il carattere fortemente innovativo di quest’opera sta nell’abbandono da parte di Mozart dello schema operistico italiano che si rifaceva a Metastasio e infatti qui vengono inseriti danze e brani orchestrali e il coro ha spesso un ruolo attivo. Senza dire della bellissima aria finale della gelosia di Elettra che in parte ricorda quella della regina delle notti del Flauto magico e che è straordinariamente moderna per l’epoca. Le scene, i costumi e la regia di questo allestimento sono di Pier Luigi Pizzi e devo dire che tutto risulta molto raffinato ed elegante. Predominano i colori del bianco e del nero che naturalmente riflettono lo stato d’animo dei protagonisti sulla scena mentre lo sfondo è costituito da altissime e invalicabili onde create dalla tempesta che sottolineano l’ineluttabilità del destino degli uomini.
L’unico costume colorato è quello di Elettra e qui il viola rappresenta la gelosia e la rabbia di chi ha dovuto subire il destino avverso proprio negli affetti più cari, verso la patria e le persone che amava. I cantanti tutti bravissimi da Renè Barbera, nel ruolo di Idomedeo ai tre splendidi soprani Carmela Remigio, nel ruolo di Ilia, Aya Wakizono nel ruolo di Idamante (all’epoca era ruolo di un castrato ahimè) e la impetuosa Elena Buratto, efficace Elettra che strappa gli applausi più forti al momento della fuga verso il mare. Il direttore Daniel Cohen ha ben diretto l’orchestra sia nei momenti più drammatici e appassionati dell’opera che in quelli più distesi. Il coro sempre all’altezza della situazione
Il finale a quanto pare è stato “accorciato” e forse è un po’ frettoloso e tuttavia è così rimasto più tempo agli abbonati e ai numerosi turisti, per richiamare più volte gli artisti con lancio di rose e applausi convinti.
Davvero una bellissima opera che non conoscevo. Il cast dei cantanti, come dice Delia, era davvero di ottimo livello come pure il direttore e il coro. Interessante anche la messa in scena che ricordava quelle del Teatro Greco di Siracusa.
Un dubbio mi assale ma sei più brava come giornalista sportiva o critica teatrale?????
Brava Delia
Grazie per questa recensione così dettagliata e per le tue osservazioni critiche su un’opera bellissima, che io ho avuto la fortuna di vedere sia al Politeama nel 1983 sia alla Scala nel dicembre 2005 (inaugurazione della stagione) con la splendida direzione di Harding. Fra due settimane la rivedrò alla Scala, speriamo bene… anche se dalla tua descrizione l’allestimento palermitano sembra superiore a quello che ci sarà proposto, e soprattutto il cast… vedremo!