“La Favorita” di Donizetti torna a Palermo dopo cinquant’anni
Nei giorni scorsi, al Teatro Massimo di Palermo, ha riscosso un buon successo di critica e di pubblico l’opera “La Favorita” di Gaetano Donizetti che non veniva rappresentata in città da quasi cinquant’anni. Si è assistito a un allestimento classico e tradizionale che ha rispettato la partitura e la storia drammatica dell’opera e pertanto totalmente diverso da quello dell’inaugurale Turandot che, a mio parere, presentava elementi innovativi interessanti e di qualità.
La storia di quest’opera donizettiana è ambientata nel 1340 in Spagna, nel Regno di Castiglia, ed è stata scritta in lingua francese dato che all’autore gli era stata commissionata dall’Opéra di Parigi. C’è un Re, Alfonso, che in quanto tale, e perciò potente, può permettersi più donne da amare ma che tiene particolarmente ad una, Léonor, che vorrebbe addirittura sposare, dopo avere divorziato dalla propria moglie.
Il tutto senza avere fatto i conti con la stessa Léonor che è innamorata, ricambiata, di Fernando, un giovane monaco che non conosce la vera identità della donna ma che si è innamorato di lei a tal punto da abbandonare il convento. E senza tenere conto dell’ira di Balthazar, il Superiore del convento, intenzionato a fare scomunicare il re dopo avere appreso che quest’ultimo vuole annullare il matrimonio legittimo per sposare la sua favorita. Il re, preferendo il potere all’amore, darà il consenso a Fernando, divenuto nel frattempo un coraggioso soldato grazie al documento fornitogli da Leonora che lo ha fatto entrare nell’esercito, di sposare la sua favorita, per ingraziarsi Balthazar che gode dell’appoggio del Papa.
Léonor cercherà inutilmente di avvertire Fernando, tramite la sua amica Ines, del suo passato, finché quest’ultimo non lo scoprirà e la pianterà il giorno delle nozze, rinunziando ad ogni titolo e bene in cambio della propria dignità e rifugiandosi in convento. La Favorita alla fine impazzirà di dolore e morirà fra le braccia del monaco pentito e innamorato che promette di raggiungerla presto nell’aldilà. Si tratta di una storia apparentemente anacronistica e datata ma che contiene elementi sempre attuali perché riferibili alla natura dell’uomo e alle sue passioni: l’amore, la brama di potere, l’invidia e l’inganno.
La Favorita è una donna fragile che ha ceduto alle lusinghe del Re per povertà, intesa come assenza di beni e d’affetto, che troppo tardi si accorge che il vero amore ha un’altra veste e un’altra emozione. Fernando è un uomo anch’esso fragile combattuto fra l’amore per Dio e l’amore terreno. Il re Alfonso è il simbolo del potere, vittima anche lui del sistema politico che rappresenta nella sua epoca storica.
La musica è stupenda e vi sono dei momenti che richiamano Verdi (che in effetti molto aveva attinto dai suoi predecessori e contemporanei maestri) come per esempio l’inizio del quarto atto con l’ingresso dell’organo che ricorda la stupenda “Pace mio Dio” della Forza del destino. Il balletto all’interno del secondo atto, tipico del grand-opéra dell’800 è uno dei momenti più belli dell’opera, fra l’altro ben realizzato dai ballerini del corpo di ballo del teatro Massimo con coreografia di Carmen Marcuccio.
I cantanti sono stati all’altezza della situazione. Sicuramente brava la Léonor di Sonia Ganassi mentre John Osborn nel ruolo di Fernando non mi è sembrato sempre convincente ma certamente bravissimo nella scena struggente dell’ultimo atto. Eccellente Simone Piazzola nella parte di re Alfonso. Bravissima Clara Polito nel ruolo di Inès con cui ci regala una perla di soavità e leggiadria.
L’orchestra è stata ben diretta da Salvatore Lanzillotta, il coro diretto da Piero Monti sempre fantastico. La regia di Allex Aguilera efficace ma sono i costumi e le scene di Francesco Zito il punto di forza di questo spettacolo. Colori, tessuti damascati e ambienti perfetti, grazie anche alle luci di Caetano Vilela, rimandavano lo spettatore indietro di due secoli e contribuivano a renderlo felice d’avere assistito a questa bella rappresentazione.