Grande successo del “Rigoletto” di John Turturro al Teatro Massimo di Palermo
Si è appena conclusa, al Teatro Massimo di Palermo, l’ultima rappresentazione di una splendida edizione di Rigoletto di Giuseppe Verdi. Si tratta di una delle mie opere preferite, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista della messa in scena, e questa edizione mi ha particolarmente emozionato.
La storia appare oggi inverosimile ma può assumere una valenza simbolica così come ci suggerisce il regista di quest’opera, il grande John Turturro, che ha scelto Palermo e La Sicilia (di cui vanta origini per via materna) per la sua prima regia di opera lirica.
L’amore, la passione, il tradimento, il perdono e la vendetta, sono passioni senza tempo perché insite nella natura dell’uomo e qui Verdi le rappresenta tutte, raggiungendo, a mio parere, la perfezione dal punto di vista della scrittura musicale. Vi è una Corte, trasportata da Turturro alla fine del XVIII secolo in un palazzo rinascimentale in decadenza e vi è un personaggio, Rigoletto, che svolge un lavoro alquanto ingrato qual è quello di fare ridere il duca e i suoi seguaci a tutti i costi: il giullare.
Un giorno un vecchio padre la cui figlia è stata corteggiata prima e derisa poi dal duca e da Rigoletto, maledice la Corte e in particolare proprio il buffone.
Il punto centrale del dramma è questa maledizione che si esplicherà per Rigoletto nell’ultimo tragico atto. Qui Gilda, sua figlia “segreta”, sacrificherà la propria vita per salvare il duca di cui si è perdutamente innamorata, dalla vendetta del padre. Dal duca, noto sciupafemmine, l’ingenua fanciulla è stata prima sedotta e poi abbandonata e questo affronto ha spinto Rigoletto ad assoldare Sparafucile, killer di quel tempo, per porre fine alla vita del duca e ricominciarne una nuova con l’adorata figlia in luogo diverso da quello in cui è avvenuto il misfatto.
La regia di Turturro si rivela particolarmente efficace laddove egli inserisce ballerini, guidati dal coreografo Giuseppe Bonanno, all’interno delle scene, per meglio vivacizzare e rappresentare l’azione scenica. Le scene di Francesco Frigeri (realizzate nello stabilimento di Brancaccio a Palermo) sono minimaliste ma essenziali e ben si adattano alle situazioni e agli stati d’animo dei protagonisti dell’opera. E così la casa piccola di Gilda rimanda alla vita limitata della ragazza cui era consentito solo di andare in chiesa per assistere alla messa e ove ha conosciuto il duca per l’appunto.
La locanda sghemba di Maddalena, penso voglia alludere al declino morale dei personaggi in quel contesto ove si assiste a quel bellissimo concertato capolavoro che è “Bella figlia dell’amore” ove si intrecciano, in un misto di voci contrapposte, sentimenti totalmente contrastanti. Le bellissime luci di Alessandro Carletti mutavano di pari passo con l’evoluzione psicologica dei personaggi.
I costumi stupendi erano di Marco Piemontese e un plauso particolare va all’abito di Gilda che da bianco si “imbratta” di rosso dopo l’incontro amoroso col duca e dopo il proprio ferimento a morte per simboleggiare la passione dell’amore e il sangue della morte. Delle voci, tutte all’altezza della situazione, cito Maria Grazia Schiavo e Ruth Iniesta che si sono alternate nel ruolo di Gilda, vocalmente perfette e straordinariamente espressive.
Nel ruolo di Rigoletto, due recite sono state affidate al grande Leo Nucci che ho visto più volte in questa sua parte prediletta e le altre all’ottimo George Petean e ad Amartuvshin Enkhbat. Stefan Pop e Ivan Ayon Rivassi si sono alternati egregiamente nel ruolo del duca di Mantova. Bravi anche Luca Tittoto nel ruolo di Sparafucile e la deliziosa Martina Belli bravissima nel ruolo di Maddalena.
Il direttore d’orchestra Stefano Ranzani, noto al pubblico del teatro per le sue frequenti direzioni, ha diretto l’orchestra con precisione e anche il coro diretto da Piero Monti è stato convincente come sempre.
Insomma un’opera che ha meritatamente registrato il tutto esaurito in ogni recita e che ora andrà in giro per l’Italia, l’Europa e la Cina, raccogliendo sicuramente gli stessi calorosi applausi ricevuti nella nostra città e nel nostro meraviglioso Teatro Massimo.
L’opera ricca e dettagliata recensione mi piace complimenti. L’autore.
Bravissima Delia Romano. Analisi perfetta di questa opera. Il racconto e’ particolareggiato e minuzioso., scorrevole. Attraverso i suoi occhi si ha la percezione di assistere in prima linea. Delia non si smentisce mai e si riconferma la sua straordinaria dote di scrittrice.
Complimenti
Leggendo questo articolo ben fatto, viene voglia di andare a comprare il biglietto di corsa, per le eventuali replicche, brava l’autrice Delia Romano che con il suo articolo ti riesce a far immaginare atmosfere e colori.
Mi sembra che questa recensione renda perfettamente l’idea di una rappresentazione particolarmente riuscita del “Rigoletto”, grazie soprattutto alla regia, mi pare di capire. In effetti, le opere della cosiddetta “trilogia popolare” richiedono una regia sapiente, altrimenti si scade nella routine del repertorio: le abbiamo ascoltate e viste così tante volte… Comunque, una recensione che suscita molta curiosità rispetto a questo spettacolo.