Presentato stamattina a Palermo il progetto di ricostruzione dei monumenti distrutti nel 2013 durante il conflitto ad Aleppo, in Siria
Presentato stamattina a Palermo il progetto di ricostruzione dei monumenti distrutti nel 2013 durante il conflitto ad Aleppo, in Siria. Radwan Khawatmi, membro del board of Director dell’Aga Khan Islamic Museo di Toronto, in Canada, ha illustrato la realizzazione, i video girati nella città siriana. E, in anteprima, la mappatura completa degli interventi da realizzare per far rinascere Aleppo. Giunto un videomessaggio di pace del Gran Mufti, sceicco Ahmad Badreddin Hassun, la più alta autorità religiosa sunnita in Siria.
Il 70 per cento del cuore antico di Aleppo è ormai del tutto distrutto: serviranno anni per ricostruirla. Lì abitavano circa 400 mila abitanti. L’Aga Khan Trust for Culture ha “scannerizzato” per nove mesi l’intera città realizzando la prima mappatura completa dello stato dei quartieri, delle strade e degli edifici. Non solo esperti al lavoro, ma alta tecnologia, uso dei droni e delle riproduzioni in 3D. Ne è venuta fuori una radiografia completa e aggiornata, la prima in assoluto, della situazione reale di Aleppo e dei danni che la guerra ha provocato. Realizzate 400 tavole di studio con lo stato dell’arte e gli interventi necessari per riportare la città alla sua antica bellezza protetta dall’Unesco, con una particolare attenzione per i quartieri e gli edifici attorno all’antica Cittadella. Un lavoro lungo che costerà una cifra altissima. Per tutta la Siria il costo stimato per la ricostruzione è di 470 miliardi di dollari; e presto sarà lanciato un “fondo” internazionale a cui già hanno promesso di aderire molti imprenditori e mecenati italiani. Solo per recuperare l’antico minareto del 1100, patrimonio Unesco, la somma stimata è di 25 milioni di dollari mentre ce ne vorranno tra 8 e 12 milioni per la moschea degli Omayyadi. Sarà invece direttamente l’Aga Khan Trust for Culture a occuparsi della ricostruzione del suq di 21 chilometri che con le sue 500 botteghe era l’anima della città. L’intervento di restauro (tra 12 e 17 milioni di dollari) è già partito e sarà completato a novembre, con l’aiuto degli stessi commercianti di Aleppo che attendono con ansia di poter rientrare nei negozi. A lavoro ingegneri italiani e maestranze locali che stanno apprendendo le tecniche italiane di restauro e di conservazione.
Nel 2013 sono stati completamente distrutti sia la moschea degli Omayyadi, che risale al periodo mamelucco del XIII secolo; che il minareto selgiuchide, che del 1090. La moschea è nel cuore della città antica e i musulmani credono che al suo interno si trovi il sepolcro del profeta Zakariyāʾ. Le immagini mostrano la vasta musalla (la corte con le famose pietre bicolori che poteva ospitare sino a 8 mila persone) devastata, e sono state distrutte sia l’arcata colonnata che le due fontane per le abluzioni rituali.
Il progetto interamente finanziato da Aga Khan Trust for Culture, agenzia del network Aga Khan nata per rivitalizzare, restaurare, far rinascere i Paesi in via di sviluppo, impegnata soprattutto in Africa e Asia è stato presentato in anteprima assoluta a Palermo, Capitale italiana della cultura 2018, da Radwan Khawatmi, membro del board of Director dell’Aga Khan Islamic Museo di Toronto, in Canada, al fianco del sindaco Leoluca Orlando e dell’assessore alla Cultura Andrea Cusumano. “Il Mediterraneo è un oceano culturale che lambisce Paesi diversi – dicono il sindaco e l’assessore – ospitare questa presentazione, oggi, è il segno della centralità di Palermo all’interno di questo complesso sistema in cui oggi si dialoga e ci si sostiene a vicende”. Messaggio di pace che è stato rilanciato dal Gran Mufti, sceicco Ahmad Badreddin Hassun, la più alta autorità religiosa sunnita in Siria, che ha voluto inviare un suo contributo video.
“Nel lontano 965 furono proprio i governatori musulmani a spostare la capitale della Sicilia a Palermo – dice Radwan Khawatmi, membro del board of Director dell’Aga Khan Islamic Museo di Toronto – Questa città rappresenta il sospiro, la speranza, l’amore e la fede per il mondo islamico: a quel tempo, in Mecca c’erano 40 moschee; a Baghdad, 51; a Damasco, 79 e a Palermo, nel 982, ce n’erano ben 300. Per questo motivo, oggi, noi presentiamo qui il nostro progetto di ritorno alla vita, pietra dopo pietra”.
IL RESTAURO DEL SUQ AL-SAQATIYYA E DEL MINARETO. Il restauro del suq Al-Saqatiyya è già partito ad inizio febbraio, preceduto dalla rimozione dei detriti. I lavori per il recupero – nel cui progetto è stata coinvolta l’Università di Aleppo – dureranno fino a settembre. Nel frattempo si sta lavorando anche per il recupero del minareto selgiuchide: l’obiettivo è mantenere i piani di costruzione originali, coniugati però ai moderni requisiti antisismici. Sono state già catalogare tutte le pietre crollate per ricostruire il minareto collassato, utilizzando la maggior quantità possibile di materiali originali; quelle che non possono essere recuperate dalle macerie, saranno tratte dall’antica miniera da cui arrivarono 800 anni fa. I lavori per il restauro del minareto partiranno entro il 2018. Radwan Khawatmi, project leader per la ricostruzione della moschea Omayyadi, presenterà anche i numeri aggiornati sui monumenti distrutti in Siria dall’inizio della guerra.