Economia, in Sicilia il Pil torna a crescere ma servirà un quarto di secolo per tornare ai livelli antecedenti alla crisi
Secondo le anticipazioni del 48esimo report Sicilia del Diste Consulting realizzato per conto della Fondazione Curella che sarà presentato integralmente il prossimo 20 marzo al Cupa di Agrigento, l’economia siciliana si avvia verso un percorso virtuoso ma a ritmi ancora troppo bassi per potere parlare di una crescita consolidata, che deve essere supportata da mirate misure normative. “Si riprende a camminare, ma serve correre”: questo è il titolo dell’analisi previsionale sull’economia dell’Isola illustrata questa mattina a Palermo, nella sede dell’Assessorato regionale all’Economia. A presentare il rapporto il presidente della fondazione Curella Pietro Busetta e Alessandro La Monica, con le conclusioni del vice presidente della Regione e assessore regionale all’Economia Gaetano Armao.
Secondo le previsioni del Diste si conferma un consolidamento della crescita dall’1% del 2017 all’1,2% del 2018 con un miglioramento anche sul mercato del lavoro sia per quel che riguarda l’occupazione che la disoccupazione. Per l’occupazione, infatti, si prospetta un aumento di circa 14 mila posti di lavoro (+1%) e per il tasso di disoccupazione una diminuzione di 0,5 punti percentuali al 21%.
“Stiamo riprendendo ad avere segni positivi e per il 2018 prevediamo una crescita del Pil – ha evidenziato l’economista Busetta – ma ne abbiamo persi oltre dieci punti. Recuperare il terreno perduto a questi ritmi è davvero complicato”. Bisogna correre, dunque, e per questo l’invito “al Governo regionale a fare partire in maniera immediata le Zes, le zone economiche speciali”.
“Una ripresa che segna discontinuità e che procede in modo titubante – ha ribadito Busetta – non fa altro che alimentare la percezione che la crisi non è finita, anche perché a distanza di tre anni dall’affiorare dei germogli di rilancio, i disoccupati – tra quelli ufficiali e quelli potenziali – restano vicini a un milione, mentre i pochi posti di lavoro creati nel triennio sono per lo più precari e a basso salario, se non in nero. Quanto al prodotto interno lordo, il suo ammontare si è ridotto negli ultimi dieci anni del 13% in termini reali, con ricadute significative sull’occupazione e sul tenore di vita della popolazione. A proposito di crescita va sottolineato – ha continuato Busetta – che lo scorso 20 dicembre l’Istat ha diffuso le stime preliminari sull’economia siciliana nel 2016, e quelle revisionate del 2015 peggiorano il quadro di ripresa delineato dalle stime precedenti fornite dello stesso Istituto. Secondo i nuovi dati, nel 2015 il prodotto interno lordo della Sicilia sarebbe aumentato dello 0,9% e non del 2,1% come indicato in precedenza. Nel 2016 la fase di recupero iniziata l’anno prima avrebbe subito una pausa, certificata da un -0,1%”. Dati molto più vicini alle previsioni fatte dalla Fondazione Curella. “Per questo – ha detto Busetta – è necessario che partano immediatamente le zone economiche speciali sia quelle nazionali che eventualmente quelle regionali”.
Gli occupati sono stimati a 1 milione 363 mila, in aumento di 12 mila unità. “Sebbene dal 2015 – ha puntualizzato Alessandro La Monica – in coincidenza con l’inizio della ripresa, siano stati creati 42 mila posti di lavoro, il deficit occupazionale sul 2007 si mantiene attorno a 117 mila unità (-7,9%), totalmente di genere maschile, mentre sull’intero territorio nazionale si registra un guadagno di oltre 130 mila occupati. La polarizzazione dell’occupazione verso le classi d’età più avanti negli anni ha alzato l’età media dei lavoratori, raffigurando nel tempo una specie di “senilizzazione” del mercato del lavoro: dai 40 anni circa del 2007 l’età media è salita nel 2016 a 44 anni”.
Per quel che riguarda le Zes – ha sottolineato l’assessore all’economia Gaetano Armao – “abbiamo trovato un lavoro malfatto da parte del precedente governo e stiamo cercando di raddrizzare la barra dando un assetto che sia rispettoso della normativa nazionale”. “Ma con questi ritmi di crescita – ha aggiunto – la Sicilia non può affrontare la ripresa perché torneremo nel 2033 alla stessa situazione del 2008, ovvero la situazione precrisi”. “Un lasso di tempo troppo lungo – ha aggiunto Armao – per questo è fondamentale l’attrazione di investimenti, chiedendo di rispettare il 34% di investimenti nel Mezzogiorno previsti dall’apposito decreto nazionale. Occorre investire in conoscenza, occorre puntate a duna Regione innovatrice che attragga investimenti mediante la leva fiscale e sostenga nuove iniziative imprenditoriali. La piattaforma del negoziato aperto con lo Stato sull’autonomia finanziaria ed il Documento di Economia e Finanza Regionale del Governo Musumeci, vanno in questo senso”.
Snocciolando alcuni dati vediamo che il tasso di disoccupazione ha toccato quota 21,5%, 0,6 punti in meno dell’anno precedente, ma ben 8,7 punti in più di dieci anni prima. La disoccupazione giovanile rimane assai problematica (58% circa), malgrado un gran numero di giovani si sia ritirato dal mercato del lavoro scoraggiato dalle scarse prospettive d’impiego. La disoccupazione si concentra sempre più sulla componente maschile tra 25 e 44 anni. La manodopera femminile ha trovato più facilmente impiego nei servizi, sebbene in molti casi in un’attività involontariamente a tempo parziale.
Gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto sono aumentati del 3,1%, incoraggiati dalle condizioni di finanziamento favorevoli e dagli incentivi fiscali, oltre che da aspettative di consolidamento della ripresa. A fine anno gli investimenti in beni strumentali erano più bassi di un quarto rispetto a dieci anni fa.
Gli investimenti in costruzioni hanno invertito il lungo trend declinante, ma il recupero ha stentato a prendere slancio (+1,0%),a causa dell’accumulo di immobili invenduti e della vischiosità nell’apertura di nuovi cantieri di lavori pubblici. Qui l’attività di accumulazione denuncia un calo ad oltre la metà del livello del 2007.
I consumi delle famiglie residenti e non residenti hanno mostrato un profilo evolutivo moderato (+1,1%), frenato da un inadeguato aumento del reddito disponibile dei residenti, in parte bilanciato dalla vivacità dei flussi turistici dopo la flessione del 2016. In base al numero dei soggiorni da parte di turisti, stimati dall’Istat, nel 2016 la Sardegna avrebbe raggiunto la Sicilia e la Puglia l’avrebbe superata. Sul fronte della produzione, l’industria ha recuperato una piccola porzione (+2,4%) della forte perdita subita l’anno prima, denunciando un calo del 42,6% sul 2007.
L’attività nel settore delle costruzioni è stata caratterizzata da un incremento trascurabile (+0,7%) e una perdita nel decennio del 41,8%. In Sicilia circa 400 mila edifici residenziali sono in pessimo stato di conservazione, presentando carenze strutturali e consumi energetici altissimi.
L’agricoltura ha risentito dei fattori climatici avversi, registrando una flessione dell’1,7%, che segue a quella più pesante dell’anno precedente. Il calo delle quantità prodotte si sarebbe accompagnato a un recupero dei margini dei produttori.
Per il ramo dei servizi il valore aggiunto è stimato in aumento nel 2017 dello 0,7%, sostenuto prevalentemente dalle performance dei comparti delle attività alberghiere e altre tipologie di alloggio, trasporti, distribuzione, ristorazione, ecc. In questo caso il differenziale negativo rispetto a dieci anni fa è del 5,7%. “Interessante quello che accade nel settore del turismo – ha sottolineato Pietro Busetta – che vede il superamento di Puglia e Sardegna dei dati siciliani in termini di presenze, già dal 2016. Vedremo se il 2017 avrà i dati auspicati”.
Le proiezioni 2018. L’esercizio previsionale condotto dal Diste stima un lieve consolidamento del tasso di crescita dall’1,0% del 2017 all’1,2%. Sul mercato del lavoro proseguirà il misurato miglioramento sia dell’occupazione sia della disoccupazione. Per l’occupazione si prospetta un aumento di circa 14 mila posti di lavoro (+1,0%), per il tasso di disoccupazione una diminuzione di 0,5 punti al 21,0%. Da inizio anno è in vigore la decontribuzione piena per le assunzioni stabili di giovani e disoccupati del Sud e Isole.
Dal primo gennaio sono esecutivi taluni rincari di bollette e tariffe, mentre l’aumento del prezzo del petrolio qualità Brent sembra essere in accelerazione. L’inflazione al consumo, fin qui contenuta a poco oltre l’1%, potrebbe quindi risvegliarsi dopo il letargo degli ultimi anni.
Il previsto modesto aumento del reddito disponibile delle famiglie – da gennaio è vigente il reddito d’inclusione fino a 485 euro mensili, che diventeranno 534 da luglio – assicurerà una crescita della spesa di consumo dell’1,2% in termini reali. Un supporto all’economia arriverà dagli investimenti in macchinari e attrezzature (+3,6%), sospinti dalle agevolazioni fiscali riconfermate o rafforzate dalla legge di bilancio. Per gli investimenti in costruzioni, al contributo fornito dai lavori di riqualificazione del patrimonio edilizio privato potrebbero aggiungersi deboli impulsi collegati all’avvio delle opere pubbliche, per cui si stima un incremento dell’1,6% dall’1,0% precedente.
Il recupero delle componenti di domanda favorirà una intensificazione dell’attività produttiva, che coinvolgerà tanto l’offerta di beni che quella di servizi. L’industria manterrà un’impostazione espansiva, con uno sviluppo dell’1,8% cui si affiancherà per il settore delle costruzioni un incremento dell’1,4%, mentre i servizi concorreranno con un +0,8%. Il valore aggiunto prodotto dall’agricoltura, silvicoltura e pesca recupererà (+2,7%) una frazione delle perdite subite nel biennio 2016/2017.