Confartigianato Sicilia: rilancio di Beni culturali, formazione e sburocratizzazione per lo sviluppo dell’Isola

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Filippo Ribisi

 

Un polo finanziario unico in Sicilia concentrando Irfis, Crias e Ircac. Lo ha annunciato questa mattina il vice presidente della Regione nonché assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, presente all’assemblea pubblica di Confartigianato Sicilia al teatro Santa Cecilia a Palermo.

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“Pur mantenendo la specificità e la separazione dei fondi assegnati ai diversi comparti – ha detto Armao – dobbiamo riuscire a far sintesi, sinergia e abbattere i costi di gestione. Abbiamo pensato a una governance unica, strategica, per avere una visione d’insieme e un’accelerazione dell’erogazione del credito”. Armao ha anche assicurato che entro febbraio verrà assegnata la presidenza della Crias. E ancora, con un decreto di ricognizione, lo sblocco di 84 milioni di euro bloccati all’Irfis.

L’assemblea pubblica di Confartigianato Sicilia è stata ricca di interventi e di numeri. Dati che hanno fotografato lo stato attuale dell’economia dell’Isola, punto di partenza della proposta di sviluppo per la Sicilia che il presidente regionale di Confartigianato, Filippo Ribisi, ha presentato alla platea degli imprenditori, alla politica e alle istituzioni.

Rilancio dei Beni culturali, sburocratizzazione e formazione sono alcuni dei punti chiavi. “La Sicilia non si può più permettere una formazione che serva principalmente ai formatori e agli enti che la gestiscono – ha detto il presidente Ribisi –, come non si può permettere di utilizzare la formazione come ammortizzatore sociale. La formazione deve essere ricondotta alle strutture scolastiche vere, dove vi sono professionalità che possano dare la giusta preparazione ai ragazzi. Va valorizzata la formazione professionale come era stata concepita da Don Bosco: come lezione di mestiere per i ragazzi che lo vogliono imparare”.

Questa mattina erano presenti, tra gli altri, anche il presidente nazionale di Confartigianato Imprese, Giorgio Merletti, il segretario regionale di Confartigianato Sicilia, Andrea Di Vincenzo, l’assessore regionale alle Attività produttive, Girolamo Turano, il vice sindaco del Comune di Palermo, Sergio Marino, il direttore generale di Artigiancassa, Francesco Simone e Giuseppe Catanzaro, presidente di Confindustria Sicilia.

Il simbolo della giornata è stato l’Homo faber, “La mano degli artigiani nell’economia del futuro”. “La parola chiave – ha detto il presidente nazionale Merletti – è proprio Homo faber, il lavoro non si cerca, si crea. Occorre avere molta autostima. Dobbiamo ripartire dai valori fondanti dell’economia del nostro Paese, quello che c’è, non quello che vorremmo che ci fosse”.

Nel corso della mattinata, grazie all’osservatorio economico di Confartigianato, sono stati forniti alcuni dati importanti che riguardano i settori più strategici per lo sviluppo. In particolare:

Beni Culturali – In Sicilia la spesa media per beni culturali e servizi ricreativi tra il 2013 e il 2015 è di 553 milioni di euro, pari a 109,2 euro pro capite. Rispetto alla media nazionale, tra il 2009 e il 2015, si registra un gap di 786 milioni di euro nella spesa per beni culturali e servizi ricreativi. Nel corso degli 8 anni esaminati si osserva un dimezzamento della spesa  (-54,4%) per l’acquisto di beni e servizi, in cui rientrano le spese per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali.

Una minor spesa in interventi di manutenzione, protezione e restauro va col tempo a ledere la bellezza dei 257 musei e istituti culturali presenti su tutta l’Isola: 175 musei e gallerie, 40 aree o parchi archeologici e 42 monumenti o complessi monumentali.

Nel 2015, il numero totale dei visitatori ammonta a 5.238.357 (dato anno 2015). Con una quota significativa di stranieri, come si deduce dai dati relativi ai flussi turistici della regione secondo cui il 44,2% dei 4.321.491 turisti provengono dall’estero.

Investire in interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali e ricreativi della Sicilia porterebbe probabilmente anche alla crescita di questo flusso di turisti.

Ma non solo: se fossero direttamente coinvolte le 20.861 imprese del territorio che si occupano di installazione di impianti, completamento e finitura di edifici, attività di conservazione e restauro di opere pubbliche e di servizi per edifici e paesaggio, di cui oltre la metà (55,8%), pari a 11.635 unità, sono artigiane, si aggiungerebbe un ritorno in termini economici per il tessuto imprenditoriale dell’intera Isola.

Il recupero del 70% del gap di spesa, rispetto alla media nazionale, per l’acquisto di beni e servizi per il settore Cultura si tradurrebbe in Sicilia in 1.198 nuovi posti di lavoro nelle oltre 20 mila imprese che si occupano di installazione di impianti, completamento e finitura di edifici, attività di conservazione e restauro di opere pubbliche e attività di servizi per edifici e paesaggio (oltre la metà artigiane).

Attivare questo meccanismo darebbe vita a un vero circolo virtuoso: più turismo e più occupati e più lavoro per le imprese della manutenzione, protezione e restauro, ma anche ricadute positive, per le 16.368 imprese artigiane dell’abbigliamento e calzature, agroalimentare, trasporti, ristoranti e pizzerie e bar, caffè e pasticcerie potenzialmente coinvolte da domanda turistica.

Costruzioni – È il settore che più di tutti ha pagato i colpi della crisi. Anche oggi, il comparto continua a mostrare performance negative. Per lo più sono le imprese artigiane ad essere ancora in difficoltà. Al III trimestre dell’anno in corso le imprese artigiane delle Costruzioni registrano una dinamica negativa del numero di imprese registrate del -2% di gran lunga più accentuata rispetto alla variazione del numero totale di imprese del comparto (-0,5%).

Le ammaccature del settore sono evidenti: meno 1,9 milioni di valore aggiunto prodotto dal comparto dal 2008 al 2016; meno 66 mila occupati dal 2008 al 2016; meno 5.081 imprese artigiane registrate dal III trimestre 2009 al III trimestre 2017; meno 3.036 compravendite dal IV trimestre 2011 al IV trimestre 2016; e meno 2,7 miliardi di finanziamenti da agosto 2011 a agosto 2017.

Inoltre, la Sicilia è tra le prime regioni italiane (5° posto su 20) per peso del lavoro irregolare nelle Costruzioni, e che se pur sul territorio c’è una percentuale rilevate di abitazioni in mediocre o pessimo stato (26,2% > 16,8% totale Italia), e di abitazioni costruite prima del 1981 (72,8%) che necessitano di interventi per il recupero del patrimonio edilizio e per l’efficientamento energetico, l’Isola figura nella classifica delle regioni italiane agli ultimi posti per utilizzo delle detrazioni fiscali volte ad agevolare il recupero e il miglioramento dal punto di vista energetico del patrimonio edilizio esistente.

Credito – Nei primi sei mesi dell’anno in corso se pur le piccole imprese presentano una qualità del credito in linea con la media (40,8%), pagano un tasso di interesse superiore di 196 punti base rispetto a questa. Inoltre, nonostante la qualità del credito rispetto al passato, anche nelle piccole imprese, risulta in miglioramento la dinamica dei finanziamenti alle imprese continuano ad essere negativa: per l’artigianato a marzo 2017 il credito scende del 3,6% e per le imprese sotto 20 addetti ad agosto 2017 scende del 5,6%.

 Sburocratizzazione – Ad una più elevata pressione fiscale si associa anche un maggiore onere burocratico legato agli adempimenti fiscali. Il confronto tra i 4 principali Paesi Europei evidenzia un ampio gap burocratico fiscale a svantaggio delle imprese italiane. Prendendo a riferimento il tempo necessario per pagare le imposte, sono necessarie 238 ore per pagare le tasse in Italia, il 47,8% in più della media Ocse di 161 ore. Rispetto a noi un’impresa tedesca impiega 20 ore in meno, un’impresa spagnola 86 in meno (differenza numero ore impiegate dalle imprese spagnole rispetto a quelle necessarie in Italia) e una francese 99 in meno. Per ridurre i lunghi tempi della burocrazia l’e-Government, che implica l’applicazione delle tecnologie digitali alla relazione tra cittadini, imprese e Amministrazioni pubbliche, rappresenta sicuramente una delle soluzioni più efficaci al problema.

Ad oggi la quota di persone che hanno utilizzato internet per interagire con le Pubbliche autorità spedendo moduli compilati (che è l’attività a più alta integrazione, con la maggiore complessità tecnologica e che riduce lunghi tempi e code agli sportelli),  in Sicilia è pari all’1,4%, valore inferiore alla media nazionale che colloca la regione all’ultimo posto della classifica insieme a Liguria, P.A. Trento, Puglia e Valle d’Aosta.

L’elevato debito verso fornitori degli enti pubblici si intreccia con il ritardo dei pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni, anche se il fenomeno appare in riduzione (Banca d’Italia, 2017). Tenuto conto che tutte le Amministrazioni pubbliche sono tenute a pagare le fatture entro 30 giorni dalla data del ricevimento, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale (per i quali il termine massimo di pagamento è 60 giorni), si osserva nella media degli enti del territorio esaminati un tempo medio di pagamento (ponderato per gli importi delle fatture pagate) di 72 giorni (42 giorni oltre il limite dei 30).

Formazione – Affinché le imprese dell’Isola siano in grado di cogliere le opportunità legate a internazionalizzazione e digitalizzazione e possano competere sul mercato nazionale e internazionale, è necessario accrescere gli skills dei dipendenti (nel 2016 la Sicilia si piazza all’ultimo posto della classifica nazionale per quota di occupati 25-64 anni in apprendimento permanente, pari al 5,2%). Non solo di quelli già presenti in azienda ma anche di quelli di domani. C’è l’esigenza di giovani più preparati e pronti a rispondere alle necessità delle imprese, per lo più sul fronte della digitalizzazione. Questo comporterebbe un abbassamento della disoccupazione giovanile che ha raggiunto oggi i massimi livelli. Nel 2016 la Sicilia registra la quota più alta in Italia di giovani 18-24 anni che abbandonano prematuramente gli studi, pari al 23,5%; ed è anche la seconda regione italiana per tassi più alti di disoccupazione (31,4%) e di inattività (41,6%) dei giovani 24-35 anni.

Trasporti – Il settore dei trasporti presenta una rilevanza rispetto alle emissioni atmosferiche e in particolare nelle condizioni di inquinamento nei centri urbani. In Italia il 36,4% delle famiglie segnala il problema dell’inquinamento nella zona in cui vive, quota che sale di oltre venti punti (59,3%) nelle aree metropolitane.

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