Morto Totò Riina, il boss che dichiarò guerra allo Stato. La figlia maggiore su Facebook: silenzio e rosa nera in segno di lutto

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Una rosa nera come foto del profilo Facebook e un’immagine come copertina che ritrae una ragazza con l’indice alzato e la scritta “shhh” sul dorso del dito. È così che Maria Concetta Riina ricorda il padre Totò, il boss di Cosa nostra morto la scorsa notte a Parma, ricevendo numerosi attestati di cordoglio.

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Totò Riina, malato da tempo, dopo due interventi chirurgici era in coma da giorni. Ricoverato nel Reparto detenuti dell’ospedale di Parma, aveva compiuto 87 anni, giovedì 16 novembre. La Procura di Parma ha disposto l’autopsia sulla salma.

Ieri, quando ormai era chiaro che le sue condizioni erano disperate, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha concesso ai familiari un incontro straordinario col boss. Il “capo dei capi”, arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza, per gli inquirenti, nonostante la detenzione al 41 bis, era ancora considerato il capo indiscusso di Cosa nostra. Riina stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi. L’ultimo processo a suo carico, ancora in corso, era quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, in cui è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato.

Con la morte di Riina rimangono avvolte nel mistero le trame che avrebbero visto Cosa nostra, in sinergia con poteri occulti, alimentare una strategia della tensione. Inoltre, restano senza risposte la stagione delle stragi e i rapporti mafia – politica. Riina, che ha anche ispirato trame di libri e di fiction, non ha mai mostrato alcun segno di redenzione o parziale cedimento. Fino alla fine quando, al processo trattativa, citato dalla Procura è rimasto in un impenetrabile silenzio.

“Riina ha avuto un’assistenza sanitaria e cure adeguate fino all’ultimo momento – ha assicurato il ministro della Giustizia Orlando -. Lo Stato ha garantito una cifra di civiltà che credo corrisponda alla propria natura democratica”.

“La pietà di fronte alla morte di un uomo – ha scritto il presidente del Senato Pietro Grasso su Facebook – non ci fa dimenticare quanto ha commesso nella sua vita, il dolore causato e il sangue versato. Porta con sé molti misteri che sarebbero stati fondamentali per trovare la verità su alleanze, trame di potere, complici interni ed esterni alla mafia, ma noi, tutti noi, non dobbiamo smettere di cercarla”.

“È morto un uomo che non ha avuto alcun rispetto per la vita umana – ha detto il senatore di Mdp – Articolo 1 Francesco Campanella – commentando la morte del boss mafioso corleonese Totò Riina. Non si può gioire della fine di una vita e insieme non si può dimenticare come è stata impiegata. La guardia da tenere deve rimanere alta per ciò che potrà succedere adesso, per la scelta del successore, come gli esponenti dello Stato e delle Forze dell’Ordine hanno già sottolineato. La guerra alla mafia continua”.

“La morte di Salvatore Riina – ha dichiarato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – richiama l’urgenza e la necessità di fare luce, insieme a verità e giustizia su tanti episodi oscuri della storia italiana e siciliana che lo hanno visto coinvolta. La scomparsa di questo capo della mafia, non consente certamente di abbassare la guardia nei confronti di un fenomeno criminale che pur modificandosi ha tentato e tenterà sempre di riorganizzarsi e di rilanciarsi”.

“Non è una morte consolatoria” – ha commentato la figlia del generale Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia nel 1982 – a “Mattino Cinque”. “La sua morte è arrivata a 87anni mentre gli uomini dello Stato che ha ucciso erano tutti uomini che nella loro vita non hanno potuto proseguire nei loro affetti, nei loro interessi, nello stare vicini a mogli, figli e nipoti” – ha sottolineato Rita Dalla Chiesa – . “La prima cosa che mi è venuta in mente – ha aggiunto –  è che quest’uomo ha costruito un potere che non gli servirà più. Il mio dolore è banale da descrivere, ma è lo stesso che hanno provato i Falcone, i Borsellino, è lo stesso che ha provato Rosaria” (Costa, moglie di Vito Schifani ndr) quando in chiesa diceva ‘non cambiano’, e aveva ragione, ogni volta che io vedo quelle lacrime piango”. “Non è che siccome ora Riina è morto io possa dimenticare tutto quello che è accaduto in questo 35 anni, quello che hanno vissuto le persone che come me sono state colpite in modo così violento e drammatico”.

I familiari del padrino chiedono “il più stretto riserbo”.  “Sono esclusi i funerali pubblici per Riina – ha detto monsignor Ivan Maffeis, portavoce della Cei, la Conferenza episcopale italiana -. “Se la famiglia li dovesse chiedere, il vescovo valuterà l’opportunità di coinvolgere un sacerdote per accompagnare la salma con un momento di preghiera”.

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