Sicilia,”laboratorio politico” alla ricerca di nuove formule per governare la Regione
Grandi manovre in vista del 5 novembre, data in cui i siciliani andranno alle urne per eleggere il presidente della Regione e i deputati all’Assemblea regionale siciliana. Roberto Lagalla, già rettore dell’Università di Palermo, continua a portare avanti “Idea Sicilia”, ovvero un laboratorio di idee che si muove “sopra i partiti” ed oltre “l’etichettatura destra-sinistra”. Un candidato che potrebbe andare bene ai sostenitori del centrodestra a cui è stato vicino in passato da assessore alla Sanità del governo Cuffaro quanto al centrosinistra a cui si è avvicinato di recente nell’era renziana, ottenendo la nomina nel consiglio di amministrazione del Cnr nazionale. In sintesi, incarnerebbe bene il progetto dell’ex presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro che mira ad aggregare in una larga area di centro tutte le varie anime moderate in funzione anti 5 stelle. Un progetto quello di Cuffaro considerato da alcuni troppo ambizioso o prematuro ma rimane il fatto che a destra come a sinistra restano tutti spaccati. Se Lagalla (che in passato è stato vicino anche al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano) non dovesse trovare il “gradimento” da parte dei potenziali alleati, Cuffaro avrebbe una seconda opzione puntando sul senatore Renato Schifani, ritornato a vestire le “maglie azzurre” dopo la parentesi nel Nuovo centro destra.
Gianfranco Miccichè, commissario regionale di Forza Italia, dopo l’atteggiamento “ondivago” che lo ha portato alla fine a sostenere la candidatura di Fabrizio Ferrandelli a sindaco di Palermo, sembra avere escluso per il momento il suo sostegno a Lagalla (ma non ci stupiremo di un suo possibile ripensamento), di fatto sconfessando il disegno politico del suo alleato (Cuffaro) alle comunali del capoluogo siciliano.
Infatti, Miccichè, senza usare eufemismi, ha bocciato sul nascere l’idea di Cuffaro sulle larghe intese, ovvero, quelle fondate su un “Partito della Regione” (su scala nazionale si trasformerebbe nel “Partito della Nazione”) che, attraverso la vittoria di Renzi al congresso, potrebbe passare da Forza Italia al Pd, passando per il Centro. A buttare acqua sul fuoco ci ha pensato Saverio Romano leader del Cantiere popolare – Pid: “Cuffaro ipotizza alleanze, non le propone. Non è soggetto politico. Rispondere “no grazie” alla discussione su queste o quelle alleanze in Sicilia è legittimo ma credo debba prescindere dalle considerazioni di un uomo che ci tiene a marcare il suo spazio di libertà di espressione pur sapendo che ciò non lo impegna né vincola altri”. Certo se a Palermo l’esperimento Ferrandelli dovesse dare dei buoni frutti in termini elettorali, in vista del 5 novembre si potrebbero prefigurare nuovi scenari politici che darebbero nuovo slancio al progetto di Cuffaro.
Del resto dopo avere preso le distanze dalla candidatura di Nello Musumeci e da “#Diventerà Bellisima” che incarna una linea politica che va oltre i confini della destra e che guarda a tutti i moderati e agli scontenti dell’attuale governo Crocetta, Miccichè, secondo alcune indiscrezioni, vorrebbe puntare su uomini di Forza Italia: gli europarlamentari Salvo Pogliese e Giovanni La Via ma soprattutto sarebbe molto gradita la candidatura di una donna, “forzista doc”, ovvero quella dell’ex ministro Stefania Prestigiacomo. Inoltre, ci sarebbe anche la candidatura del sentore Enzo Gibiino ex coordinatore regionale di Forza Italia, potenziale competitor alle primarie prima dell’improvvisa marcia indietro e il definitivo stop di questo strumento per selezionare i candidati alla presidenza della Regione che in pochi, all’interno del centro destra, avevano realmente creduto.
A sparigliare le carte ci ha pensato recentemente il critico d’arte, prestato alla politica, Vittorio Sgarbi con la sua autocandidatura alla presidenza della Regione con il nuovo partito chiamato “Rinascimento” che annovera tra i punti del suo programma l’attenzione alla cultura, all’arte, ai musei, alle pale eoliche che intende “distruggere” e al turismo. L’ex sindaco di Salemi, Comune sciolto per mafia, già candidato a sindaco anche a Cefalù, arrivando terzo, nonostante per il tribunale di Marsala fosse incandidabile, l’estate scorsa aveva annunciato di non volere più candidarsi in Sicilia. Ma oggi si sa che in politica cambiare idea (e anche partito) è diventata una consuetudine.
Sul fronte del centro sinistra, di certo, oltre alla data fissata per le prossime elezioni da Rosario Crocetta, c’è la candidatura del Presidente uscente con il movimento da lui stesso formato, “Riparte Sicilia”. Crocetta nella sua azione politica del “dividi et impera” sta cercando di fare accordi sottotraccia con pezzi di un Pd sempre più lacerato da guerre intestine, facendo anche i conti con la fine del sostegno che un tempo gli garantiva l’ex ministro Salvatore Cardinale, notoriamente abile nell’arruolare tra le sue fila deputati regionali provenienti da altri partiti e che ha stretto di recente un patto di ferro con il Sottosegretario alla Salute Davide Faraone (autorevole potenziale candidato alla presidenza della Regione), Renziano della prima ora, impegnato nel rilanciare l’azione politica del Pd attraverso un “coworking dell’Innovazione per progettare la Sicilia del futuro”.
Sembrano fatti i giochi all’interno del Movimento 5 Stelle. Infatti, si aspetta che la candidatura di Giancarlo Cancelleri, fedelissimo di Beppe Grillo e primo coordinatore del gruppo parlamentare all’Ars, sia ratificata dalla rete attraverso la piattaforma grillina. Tra i candidati alla presidenza della Regione si annoverano Angelo Attaguile, politico di lungo corso di origine democristiana in quota “Noi con Salvini”, Gaetano Armao espressione del Movimento nazionale siciliano, Franco Busalacchi, ex dirigente generale dell’amministrazione regionale e leader dell’associazione “I Nuovi Vespri” che punta sul rilancio dell’Autonomia e il leader dei Forconi, Mariano Ferro, che ha l’obiettivo di difendere la Sicilia “dai furbi e dagli yesmen”. Tutti i candidati alla presidenza della Regione come coloro che si candideranno all’Ars (dove il numero dei deputati è passato da novanta a settanta) dovranno fare i conti con il più grande partito trasversale di tutti i tempi, ovvero quello degli astensionisti. Al di là dei candidati, delle coalizioni e delle strategie, vincerà chi saprà riportarli alle urne.