Palermo, “Voglio il mio mare”: una mostra partecipata con studenti universitari e ragazzi disabili dal 28 ottobre all’Oratorio di Santa Chiara

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Domenica 28 ottobre 2018, alle ore 18, all’Oratorio di Santa Chiara, in piazza Santa Chiara 1 a Palermo, si inaugura la mostra dal tema “Voglio il mio mare”, frutto di un progetto di design partecipato sperimentale, ideato dall’architetto Angelo Dolcemascolo, al quale hanno partecipato gli studenti del Laboratorio di Disegno Industriale I del professore Angelo Pantina (C.d.S. Disegno Industriale) dell’Università degli Studi di Palermo, con il prezioso contributo degli studenti con disabilità dell’I. S. “E. Majorana” di Palermo, Dirigente scolastico Melchiorra Greco. Un grande team che ha progettato e realizzato piccoli manufatti di design con i materiali provenienti dall’imbarcazione egiziana Retag SZ-860, utilizzata per il trasporto dei migranti.

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L’iniziativa è promossa dall’Università degli Studi di Palermo, dall’associazione Sant’Erasmo Nautilus Onlus di Palermo col suo Presidente Santi Gatto, e vede la partecipazione del documentarista Luca Capponi; inoltre, è inserita nel programma di I-Design, manifestazione a cura di Daniela Brignone, a Palermo dal 25 ottobre al 4 novembre, quest’anno patrocinato da Manifesta 12.

La mostra, ad ingresso gratuito, aprirà al pubblico dal 29 ottobre al 2 novembre e, oltre a presentare alcuni oggetti progettati e realizzati da Angelo Dolcemascolo, esporrà una serie di prototipi autocostruiti dagli studenti universitari. La produzione, in piccola serie, di alcuni progetti degli studenti è stata affidata alla struttura della Comunità “Missione di Speranza e Carità” di Biagio Conte, ed è riservata a un crowdfunding on-line per la raccolta di fondi, da destinare al finanziamento di un’imbarcazione, progettata nello studio degli architetti Benedetto Inzerillo e Attilio Albeggiani, su iniziativa del Presidente dell’associazione Sant’Erasmo Nautilus. Il nome di questo progetto è “Il mare per tutti”, e si propone di favorire ai disabili l’accesso al mare per brevi escursioni giornaliere. Il documentarista Luca Capponi ha invece effettuato le riprese per produrre un documentario che racconti l’evolversi dell’intero Progetto.

Venerdì 2 novembre, alle ore 18:30, alla presenza del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, avrà luogo una conferenza stampa di presentazione del Progetto, ed un’asta di beneficenza, il cui ricavato sarà destinato alla realizzazione dell’imbarcazione.

VOGLIO IL MIO MARE

E’ un progetto sperimentale di design sociale e partecipato, quale mezzo per conoscersi e conoscere l’altro,  volto sì alla realizzazione di prodotti, ma soprattutto si pone l’obiettivo di educare e sensibilizzare ad una coscienza del sociale, quindi dell’altro. L’altro che, in questo particolare momento storico, è il disabile, a cui è destinata l’imbarcazione dell’associazione Sant’Erasmo, ed è anche l’ospite a Palermo, nell’Italia e nel mondo, ossia il migrante. Ai giovani partecipanti, come materiale, è stato fornito il legno ed altri componenti di recupero provenienti dalla rottamazione dei “barconi della speranza” e, attraverso il loro lavoro, si è cercato di stimolare una grande collaborazione tra i ragazzi progettisti ed i ragazzi destinatari, che a sua volta sono diventati realizzatori anch’essi del progetto. La produzione degli oggetti, diventa quindi complementare ad un’iniziativa che va a concretizzarsi nelle intenzioni sociali, poiché, contribuisce a far nascere un prodotto, ed aiuta ad apprezzare di più l’altro, ma anche la propria città e la società nella quale si vive.

Indispensabile al progetto è stata la partecipazione del medico ed esperto velista Gianluca Giorgi che, in poche lezioni, ha trasmesso i fondamenti dell’arte marinaresca agli studenti e agli alunni liceali con handicap, stimolando loro lo sviluppo di competenze specifiche, ed una partecipazione attiva e complementare al lavoro progettuale degli studenti universitari della scuola di design che, in alcuni dei loro progetti, si sono avvalsi di questo prezioso contributo. Nella realizzazione di queste opere, all’uso di collanti artificiali e chiodi, presenti nei frammenti dei materiali, sono state sostituite le corde, come elemento di chiusura che, oltre a decorare i manufatti, sono volti alla salvaguardia dell’ambiente.

Voglio il mio mare si inserisce in ausilio al progetto “Il mare di tutti” dell’associazione Sant’Erasmo che ha come obiettivo far vivere il mare a giovani svantaggiati che, difficilmente, potrebbero avervi accesso. Pertanto, l’Associazione sta dedicando loro un’imbarcazione, opportunamente progettata, proprio per ospitare ragazzi con disabilità.

In questa fase, l’idea è pertanto quella di coinvolgere attivamente questi giovani, per contribuire al reperimento dei fondi da destinare alla realizzazione dell’imbarcazione, inserendoli all’interno di un progetto pilota che prevede la collaborazione con gli studenti universitari della Scuola di Design e di quelli diversamente abili dell’Istituto Majorana. I primi sono stati seguiti dal professore Angelo Pantina, mentre il lavoro degli alunni disabili è stato coordinato dalla docente Rosa Bevilacqua e dal referente Francesco Lo Vullo. Barbara Arrigo, Mariangela Sammartino, Paola Salamone, Iosè Linda Pace, Samuela Cirrone e Francesco Napoli, sono invece gli altri insegnanti di sostegno che hanno operato in supporto agli alunni con handicap.

«Palermo si è attivata come Capitale della Cultura – commenta l’architetto Angelo Dolcemascolo – e vanta a livello internazionale un primato non indifferente per il riconosciuto stile dell’architettura Arabo Normanna. Bizantini, arabi e normanni, provenienti da varie zone del mondo, si sono concretizzati, fusi ed integrati nel capoluogo siciliano e, ad una prima fase di inclusione, era seguita poi quella di integrazione, attraverso cui il nuovo si rendeva partecipe. E tutto ciò, a Palermo, è diventata una realtà concreta culturale. La fusione e l’accettazione della cultura dell’altro, viene qui portata all’interno della propria, così questa integrazione dà un nuovo prodotto che nasce da questa collaborazione. Per dare quindi vita ad una nuova espressione culturale, è giusto che si abbiano dei riferimenti esterni, e non chiudersi in se stessi, perché la cultura cresce, ma necessita di stimoli esterni, ovvero si sviluppa con l’altro».

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