Care lettrici e cari lettori vi dò il benvenuto nella nuova rubrica “Diversamente taggabili” da me curata, io sono Tiziana Mariuccia Di Cola e da vent’anni mi occupo di educazione fuori e dentro le scuole. Questa rubrica nasce con l’intento di guardare le cose da un punto di vista retrospettivo, ossia di andare a cercare la causa o le cause non apparenti di ciò che accade intorno a noi. Oggi, 25 novembre è il giorno della commemorazione delle donne vittime di violenza, di “FEMMINICIDIO”, stabilito dall’ONU negli anni ’90.
Ma chi ha utilizzato la prima volta questo termine e perché?
Il termine “femminicidio” lo si deve all’antropologa messicana Marcela Lagarde, che negli anni ’90 analizzando le violenze subite dalle donne in Messico lo definisce così: “La forma estrema di violenza di genere contro le donne – scrive Lagarde – prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa”.
Forse dopo il Medioevo definito il secolo nero per le donne, gli anni 2.0 non sono da meno. E’ chiaro che quando si commette violenza su una madre, in presenza dei suoi figli, questi sono vittime insieme alla madre.
Il 90% dei casi di violenza sulle donne è sempre perpetrata da un familiare, dal compagno, marito, fidanzato. La distribuzione geografica dei crimini è abbastanza omogenea lungo il Paese sebbene si possano notare alcuni “addensamenti” di casi in area milanese e napoletana.
Gli omicidi si possono suddividere anche in base al mezzo usato per uccidere. E nella maggior parte si uccide in modo quasi atavico: con un’arma da taglio, magari un coltello trovato in cucina oppure a mani nude. Meno usate le armi da sparo. si contano poi 11 uccisioni con corpo contundente, 5 casi di donne arse vive, ed una che è stata avvelenata.
Un’involuzione a livello culturale e sociale. Perché è ricominciata questa caccia alle streghe?
Eppure le donne hanno lottato tanto per avere riconosciuti i propri diritti, basta ricordare il movimento femminista degli anni ‘70.
E’ indubbio che è sempre esistita la violenza sulle donne, ma altrettanto vero che il femminicidio è aumentato in modo spaventoso in un periodo culturale progredito, forse solo apparentemente? Abbiamo raggiunto la parità di genere?
Non credo proprio, eppure passi avanti ne abbiamo fatto, nella vita pubblica e in quella privata. Forse non tutti erano pronti al cambiamento, in particolare alcuni uomini.
Perché queste donne vittime morte di femminicidio non hanno denunciato, e se l’hanno fatto perché non ci sono stati interventi di prevenzione da parte delle forze dell’ordine, dello stato efficaci?
Per le leggi non proprio chiare sulle punizioni da assegnare a questo tipo di reati, perché le forze dell’ordine non sanno dove si devono spartire prima o perché esiste ancora un gap culturale che costringe la donna ad una silenziosa sottomissione. La società odierna ha a disposizione diverse modalità di trasmissione delle informazioni veloci e invasive. Queste informazioni veicolano idee. Queste idee diventano pensieri che diventano parole che diventano azioni, comportamenti, abitudini.
Il punto retrospettivo dal quale guardare il fenomeno femminicidio è proprio questo: che tipo di informazioni acquisiscono i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze in merito alla diversità “uomo” “donna”, maschio femmina?
Ho osservato i bambini e le bambine giocare negli ultimi vent’anni.
Il loro modo di giocare era diametralmente diverso prima. I maschietti giocavano a costruire torri per poi distruggerle, utilizzavano automobiline, pupetti che facevano combattere tra loro, ma non giocavano quasi mai con le femminucce.
Le bambine fingevano di cucinare, di accudire le bambole e non giocavano con i maschietti.
Adesso non è più così, maschi e femmine giocano con gli stessi giochi che possono essere automobili, personaggi dei cartoni, gadget dell’edicola, asse da stiro, cucine e pentolini ecc. e giocano insieme sempre.
I bambini e le bambine attuali non presentano ancora nessun pregiudizio di genere, quindi se impartiamo loro un’educazione al rispetto l’una dell’altro, alla complementarietà l’uno dell’altra all’esistenza diversa dell’una e dell’altro e alla reciproca collaborazione dell’uno con l’altra in giochi di ruolo, responsabilità nel portare a termine un compito condiviso e in tante attività che la quotidianità, domestica, scolastica e sociale ci impone perentoriamente abbiamo la possibilità di crescere adulti più consapevoli del rispetto alla prima diversità, di tutte le diversità: L’UOMO E LA DONNA.
Il rispetto impartito e percepito non è solo al genere femminile e maschile, ma anche alle molteplici personalità che esistono in ogni bambino e bambina.
Ci sono dei bambini (maschi) più sensibili, emotivi che ancora oggi vengono redarguiti dai genitori con frasi del tipo: <<non piangere, non sei mica una femmina>>! Come se esprimere i propri sentimenti, le proprie paure siano prerogative femminili.
Anche il bambino deve sperimentare ed esprimere liberamente il suo pianto, e non solo la sua rabbia, provocato da esperienze frustranti, apparentemente banali agli occhi dell’adulto.
L’esperienza di esprimere le sue emozioni guidata dalla responsabilità dell’adulto referente lo aiuterà a trovare una soluzione che possa nuovamente portare l’equilibrio nella sua vita.
Di contro ci sono sempre più bambine che usano la forza fisica per raggiungere uno scopo durante un gioco o una semplice relazione tra pari, come se avessero “respirato” che la forza fisica è l’arma vincente per raggiungere il proprio obiettivo, che può esser un giocattolo, il posto vicino al compagno, o arrivare prima al piatto delle patatine.
Insieme alla scuola e alla famiglia svolgono un ruolo fondamentale e di rilievo i media che trasmettono informazioni, immagini, messaggi.
Potrebbero trasmette un bel cartone animato i cui protagonisti, un bambino e una bambina, costruiscono insieme un mondo meraviglioso, collaborando, dandosi man forte e utilizzando insieme le loro idee e la loro creatività. Potrebbe essere anche un meraviglioso video giochi.
Ma torniamo a oggi….
Abbiamo i giorni in cui ricordiamo le vittime delle due guerre, le vittime dell’olocausto, le vittime della mafia e oggi del femminicidio. La memoria storica è importante.
Ma solo questo ricordare senza intervenire in modo preventivo, in un mondo che si muove alla velocità della luce servirà poco per arginare fenomeni d’intolleranza, di violenza e di ignoranza.
Mi piace molto questa proposta educativa, spero che in tutti gli ambienti di educazioni si parli di differenza di genere e di rispetto delle diversità, complimenti