Feditalimprese: “la stagnazione salariale frena l’Italia. Meno potere d’acquisto significa meno consumi”
La crescita economica italiana, stimata intorno a un fragile 0,5% per il 2025, è tenuta a freno proprio dalla debolezza della domanda interna e dalla stagnazione dei consumi
Feditalimprese, Confederazione Nazionale delle PMI, lancia l’allarme sull’impatto devastante della stagnazione salariale sull’intero tessuto produttivo italiano. I recenti dati economici per il 2025 confermano che la debolezza dei salari non è solo un problema sociale, ma un freno strutturale alla crescita economica del Paese.
L’Italia continua a registrare performance salariali tra le peggiori nell’area OCSE, con una perdita del potere d’acquisto reale delle retribuzioni contrattuali che, a settembre 2025, si attesta a quasi il 9% rispetto ai livelli di gennaio 2021. Questa erosione del potere d’acquisto delle famiglie si traduce direttamente in un calo dei consumi interni, un elemento chiave per la sopravvivenza e la crescita delle piccole e medie imprese italiane.
I consumi delle famiglie rimangono stagnanti, frenati da una persistente incertezza e da buste paga insufficienti, nonostante una inflazione che si è progressivamente stabilizzata.
“La questione salariale ha superato la soglia dell’emergenza sociale per diventare un’emergenza economica e imprenditoriale, afferma Gianluca Micalizzi, Presidente Nazionale di Feditalimprese. Quando i lavoratori e le famiglie italiane hanno meno soldi in tasca, comprano meno. Meno acquisti significano magazzini pieni, fatturati in calo e, in ultima analisi, la messa a rischio della sopravvivenza delle nostre PMI”.
La crescita economica italiana, stimata intorno a un fragile 0,5% per il 2025, è tenuta a freno proprio dalla debolezza della domanda interna e dalla stagnazione dei consumi.
“Siamo intrappolati in un circolo vizioso: bassi salari generano bassa domanda, che a sua volta comprime gli investimenti e la produttività delle imprese. Uscire da questa logica è fondamentale. Chiediamo al Governo e alle parti sociali un patto serio per il rilancio retributivo, che passi dall’applicazione rigorosa dei contratti, dalla lotta al lavoro povero e da politiche che premino la produttività reale, per rimettere liquidità nelle mani delle famiglie e ossigeno alle nostre imprese. Sostenere il potere d’acquisto non è assistenzialismo, è un investimento strategico per l’intero sistema Paese”.

