Personale SSN, CIMO-FESMED: «Per valorizzare le professioni sanitarie occorrono maggiori risorse. No a ulteriori sacrifici dei medici»
Nella bozza di documento proposto dalla Conferenza delle Regioni ai sindacati della dirigenza e del comparto sanitari sanciti principi che potrebbero trasformarsi in boomerang per fondi e carriere dei medici

Guido Quici -presidente Cimo-Fesmed
È continuato questa mattina il confronto tra la Conferenza delle Regioni e i sindacati della dirigenza medica e del comparto sanitario volto ad individuare le misure necessarie a valorizzare il personale del Servizio sanitario nazionale. Le azioni proposte dalla Conferenza delle Regioni nella bozza di documento vanno dall’adeguamento dei salari ai percorsi di carriera, dall’esigibilità dei contratti al welfare: misure ritenute senz’altro condivisibili dalla Federazione CIMO-FESMED, ma solo ed esclusivamente se supportate da un adeguato finanziamento statale. In caso contrario, il documento sancirebbe dei principi destinati a rimanere lettera morta o a trasformarsi in un boomerang per i medici.
Poiché infatti è altamente improbabile che in questo particolare momento storico il Governo riesca ad aumentare le risorse destinate alla sanità, le Regioni propongono di superare l’impasse sbloccando il tetto al salario accessorio, che consentirebbe loro di stanziare maggiori risorse per il personale: «Dovremmo tuttavia trovare il modo di scongiurare il rischio di un’eccessiva regionalizzazione contrattuale – commenta Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED –. Potremmo infatti trovarci dinanzi a importanti differenze sul territorio nazionale, con le Regioni più ricche pronte ad investire milioni di euro per offrire migliori condizioni economiche e attrarre professionisti, e le Regioni più in difficoltà dinanzi a un bivio: o consentire al proprio Servizio sanitario regionale di perdere ulteriormente medici e professionisti sanitari, oppure attingere ai fondi contrattuali dei medici per finanziare i principi previsti dal documento».
Tra questi, ad esempio, compare “la piena equiparazione dei dirigenti medici, sanitari e delle professioni sanitarie”, considerato che attualmente per questi ultimi sono previste alcune voci retributive inferiori rispetto al resto della dirigenza. In assenza di risorse aggiuntive, il finanziamento di tale equiparazione potrebbe verosimilmente avvenire attraverso un prelievo forzato dai fondi dei medici. «Un’eventualità inaccettabile – dichiara Quici – poiché non possono essere sempre i medici a rinunciare ai loro soldi per finanziare le pur legittime aspirazioni di altre professioni».
Similmente, la Conferenza delle Regioni propone di incentivare l’adozione di percorsi di carriera per tutti i dirigenti, ma poiché le stesse Regioni hanno imposto un tetto al numero di unità complesse e semplici, oggi affidare una direzione di struttura ad un dirigente non medico significherebbe togliere un posto ad un medico. «Se si vuole davvero incentivare la carriera dei dirigenti occorre dunque eliminare gli attuali limiti», aggiunge Quici.
Si torna poi a parlare di “revisione e semplificazione dei profili professionali” introducendo “modelli organizzativi più flessibili e orientati al lavoro multidisciplinare”: «Rischiamo seriamente di passare dal task shifting al task sharing, senza prevedere una formazione adeguata di tutti i professionisti coinvolti e, soprattutto, senza modificare i profili della responsabilità sanitaria, che allo stato attuale colpisce pressoché esclusivamente i medici – prosegue Quici -. Occorre invece definire in modo chiaro le competenze di ciascuna professione e affidare in modo esplicito ed esclusivo l’atto medico (dunque diagnosi, prognosi e terapia) al medico. L’anarchia delle competenze può mettere a rischio la sicurezza delle cure».
«Sono poi senz’altro apprezzabili – aggiunge – le proposte in tema di esigibilità dei contratti, ma la nostra precisa richiesta è l’emanazione dell’atto di indirizzo del CCNL 2022-2024, che non può essere vincolata alla condivisione del documento in discussione. Concordiamo sulla necessità di regolamentare l’affidamento della direzione delle strutture apicali agli universitari, che oggi penalizzano i medici ospedalieri, e rilanciamo la necessità di valorizzare economicamente il ruolo di tutoraggio degli specializzandi svolto dal personale dipendente del SSN. Infine condividiamo l’intenzione di stigmatizzare nel documento la grave situazione del personale dipendente della sanità privata accreditata, senza contratto da anni e vittima di dumping salariale».
«Ci auguriamo – conclude Quici – che i prossimi confronti con la Conferenza delle Regioni possano essere altrettanto proficui come quello odierno, e che nel testo siano apportate le modifiche necessarie a scampare i pericoli da noi denunciati».