Sicilia seconda regione per crescita del valore aggiunto nel 2023

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Agrigento prima, Caltanissetta e Catania seconde, Trapani ottava. Ma per valore aggiunto pro-capite la Città dei templi è ultima in classifica

foto guccione

Andrea Prete e Giuseppe Pace

Nel 2023 l’economia dei singoli territori della Sicilia, per valore aggiunto prodotto, ha conosciuto un incremento percentuale maggiore che nel resto delle regioni italiane, preceduta solo dall’Abruzzo, e le province siciliane sono in testa e nella parte alta della classifica. E’ quanto emerge dall’analisi realizzata dal Centro studi “Guglielmo Tagliacarne” e da Unioncamere nazionale sugli ultimi dati Istat rivisti a settembre scorso e relativi alla crescita del valore aggiunto prodotto dalle singole province d’Italia nel 2023 e confrontati con il 2022.

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Rispetto ad un aumento medio nazionale del +6,55%, la Sicilia è seconda per maggiore incremento del valore aggiunto prodotto lo scorso anno, con +7,25%. A livello provinciale, Agrigento è al primo posto, ex aequo con Chieti (+7,85%), Caltanissetta e Catania sono ex aequo in seconda posizione (+7,83%); seguono Pescara terza, Padova quarta, Teramo quinta, Imperia e Campobasso ex aequo al sesto posto, Milano settima e Trapani è ottava con +7,34%. Quanto alle altre province siciliane, Messina è undicesima (+7,23%), Palermo 23esima (+6,82%), Enna 26esima (+6,76%), Siracusa 27esima (+6,74%), Ragusa 29esima (+6,62%).

“Il forte incremento rispetto all’arretramento degli anni passati – analizza Giuseppe Pace, presidente di Unioncamere Sicilia – è  dovuto al contributo di determinati investimenti strategici nei singoli territori, come l’avvio dei progetti di Agrigento Capitale della Cultura 2025, il boom del turismo e dell’export a Trapani, i primi cantieri dell’Alta velocità che hanno interessato la tratta da Caltanissetta a Catania, e, in misura minore, gli interventi finanziati dal Superbonus nelle  altre province. Il balzo in avanti, però, non è ancora sufficiente a colmare la distanza con le regioni del Nord che è stato creato da decenni di crisi”.

Infatti, in valore assoluto la Sicilia ha ancora molta strada da fare: con 96,3 miliardi di valore aggiunto prodotto nel 2023, l’Isola è in ottava posizione fra le regioni italiane, pari al 5,05% del totale nazionale; prima è la Lombardia con 432,5 miliardi. Guardando alle singole province, bisogna arrivare al ventesimo posto per trovare la prima siciliana: è Palermo, che ha prodotto un valore aggiunto di 25,3 miliardi. Seguono Catania al 23esimo posto (22,2 miliardi), Messina al 43esimo con 12,1 miliardi, Siracusa al 66esimo con 8,3 miliardi, Trapani al 75esimo con 7,4  miliardi, Agrigento al 77esimo con 7,1 miliardi, Ragusa all’82esimo con 6,2 miliardi, Caltanissetta al 96esimo con 4,7 miliardi, Enna terz’ultima al 105esimo posto con 2,7 miliardi. 

E, nel confronto, va ancora peggio analizzando il valore aggiunto pro-capite: la Sicilia è penultima in classifica, con 20mila euro per singolo abitante, meno della metà del Trentino-Alto Adige, in testa con 47.711 euro. In questo caso bisogna scorrere fino all’82esima posizione per trovare la prima provincia siciliana, Siracusa (21.723 euro), poi Palermo 87esima (21.085), Catania 89esima (20.730), Messina 91esima (20.346), Ragusa 98esima (19.694), Caltanissetta 100esima (18.962), Trapani 102esima (17.915), Enna 104esima (17.742) e Agrigento ultima in 107esima posizione con 17.345 euro pro-capite.

“I dati mostrano una complessiva tenuta del sistema Italia, ma cogliamo l’eterogeneità con la quale si sta affermando lo sviluppo all’interno delle diverse aree territoriali – conclude il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – il Mezzogiorno presenta importanti segnali di vitalità, anche se dinanzi a province che registrano andamenti anche superiori alla media nazionale ce ne sono altre che faticano a mantenere il passo facendo emergere quasi un Nord e un Sud all’interno dello stesso Meridione. Per questo è fondamentale mettere a punto politiche di sviluppo che consentano una progressione più estesa ed equilibrata dei diversi territori. In questa direzione, le Camere di commercio possono essere un’importante cinghia di trasmissione tra Stato ed economie locali”.

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