Le 10 ragioni dello sciopero dei medici: dall’assenza di un piano di assunzioni agli illusori aumenti di stipendio
Quici (CIMO-FESMED): «Una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite ed esami inaccessibili nella sanità pubblica»
«Ogni anno, puntualmente, la legge di bilancio si rivela una doccia fredda per la sanità pubblica, e quindi per i cittadini e per il personale sanitario. Quello di illudere pazienti e professionisti della salute con mirabolanti promesse per poi ritrovarsi con in mano un piatto di lenticchie è uno sport politico che non siamo più disposti ad accettare. E allo stesso modo risulta una presa in giro aumentare di 3 euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite mediche private, analisi, TAC e risonanze magnetiche che risultano inaccessibili nella sanità pubblica» dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED.
«Il 20 novembre, allora, medici e infermieri sciopereranno e manifesteranno a Roma perché sono stufi di proclami che, puntualmente, non hanno seguito. Fare di tutto per spingere i medici ad abbandonare la sanità pubblica rappresenta un inaccettabile voltafaccia, o il frutto di un piano ben preciso volto ad arricchire – sulle spalle dei malati – il privato, le assicurazioni, le cooperative e le multinazionali della salute».
Sono almeno dieci le ragioni che hanno spinto il sindacato a proclamare lo sciopero:
- Erano stati annunciati 3,7 miliardi per la sanità pubblica: il prossimo anno ne arriveranno 1,3, sufficienti a malapena a finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario, lasciando dunque briciole al miglioramento dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini.
- Erano state promesse 30mila assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, ma la legge di Bilancio non ne prevede alcuna. E senza assunzioni sarà impossibile ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare quindi le condizioni lavorative negli ospedali, oggi inaccettabili.
- Erano stati previsti, nella precedente legge di Bilancio, 200 milioni per i medici dipendenti per ridurre le liste d’attesa, ma si sta lavorando per ridurre del 50% il finanziamento a favore dei medici specialisti ambulatoriali interni.
- Era stata assicurata la defiscalizzazione al 15% dell’indennità di specificità medica, un riconoscimento vero della peculiarità della professione. Invece non è prevista alcuna defiscalizzazione ma solo lo stanziamento di un misero finanziamento aggiuntivo che porterà nelle tasche dei medici circa 17 euro mensili. Una vera elemosina che offende tutta la categoria.
- Era stata prevista la defiscalizzazione al 15% delle prestazioni aggiuntive, ma numerose aziende si rifiutano di applicarla in attesa di una circolare del MEF che non promette nulla di buono.
- Erano stati garantiti importanti miglioramenti sul fronte della responsabilità professionale per far lavorare i medici con maggiore tranquillità; invece, i risultati non ancora ufficiali della Commissione D’Ippolito appaiono estremamente fumosi e poco efficienti.
- Era stata dichiarata guerra contro i cosiddetti medici gettonisti, e invece il Governo ha proposto un Disegno di Legge che intende contrastarli attraverso il ricorso a contratti precari co.co.co.
- Erano state stanziate dallo Stato, negli anni passati, molte risorse in favore del personale sanitario, che tuttavia risultano ancora trattenute dalle Regioni. Non possono meravigliare, poi, le iniziative di alcune di esse che anticipano gli effetti dell’autonomia differenziata sul mercato del lavoro, elargendo premi di produzione extra contrattuali.
- Era stato promesso un vero finanziamento per la sanità pubblica, e invece ogni provvedimento adottato dal Governo aumenta le risorse destinate alla sanità privata, senza tenere in considerazione lo scandaloso dumping salariale tra medici del pubblico e medici dipendenti di aziende private, molti dei quali attendono il rinnovo del contratto di lavoro da 20 anni.
- Era stato annunciato il rispetto dei contratti di lavoro ed il rinnovo dei CCNL entro la scadenza; invece stiamo riscontrando numerose difficoltà nella corretta applicazione del CCNL 2016-2018 nelle aziende, in particolare degli articoli che riguardano l’orario di lavoro, nel tentativo di continuare a lucrare sulle ore lavorate a titolo gratuito. Al contempo siamo ancora in attesa dell’emanazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il CCNL della dirigenza medica e sanitaria 2022-24, che scadrà tra due mesi.
«Con questo scenario, non possiamo che condividere la scelta di chi decide di abbandonare la sanità pubblica. La Federazione CIMO-FESMED sarà dalla sua parte, e offrirà ogni possibile aiuto per supportare l’uscita dal SSN», conclude Quici.