Palermo laboratorio politico ma la città affonda con Orlando

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Leoluca Orlando

Continua in modo solitario il “gioco dell’oca” di Leoluca Orlando che con repentine fughe in avanti e strategici passi indietro sembra in piena confusione. Orlando aveva annunciato una videoconferenza stampa, programmata ieri pomeriggio, per nominare i nuovi assessori della giunta ma poi ha cambiato idea, rinviando alla prossima settimana la designazione dei sostituti di Leopoldo Piampiano e Toni Costumati sacrificati sull’altare di dinamiche politiche che vanno oltre i confini di Palazzo delle Aquile. Secondo alcune indiscrezioni uno dei possibili nuovi assessori (che conosce bene la macchina amministrativa), espressione diretta di Orlando, avrebbe fatto un passo indietro costringendo il Sindaco a fare una “riflessione” più profonda. Con la maggioranza in frantumi che conta a Sala delle Lapidi 11 consiglieri su 40 e la città assediata dalle emergenze che vanno dal cimitero dei Rotoli dove le bare in attesa di sepoltura sono più di ottocento, ai cantieri “eterni” sparsi tra le vie della città, passando ai servizi essenziali inesistenti, per non parlare dei rifiuti, dei trasporti e delle strade sporche e piene di buche, la risposta doveva arrivare il prima possibile ma non è stato così. I palermitani possono ancora aspettare.

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La città è allo stremo per la crisi economica ma anche per anni di un’amministrazione che ha “tirato a campare”, senza una strategia di sviluppo complessiva che l’hanno messa in ginocchio. Dopo la “Primavera di Palermo”, artefice celebrato l’attuale sindaco, che aveva suscitato grande aspettative di rinascita per Palermo, tutti i palermitani che avevano creduto quel progetto si sentono traditi da questa decadenza senza precedenti che solo il periodo nefasto del cosiddetto “sacco di Palermo” è riuscito a superare. Certo, dopo 36 anni nel corso dei quali Orlando è stato consigliere comunale, assessore e sindaco di Palermo, i palermitani non pensavano di vedere tutte queste macerie. La politica di Orlando è sempre stata improntata nel “divide et impera” non facendo crescere alcuna figura politica al suo fianco (le forze di sinistra continuano a pagare un grande pegno al riguardo) che potesse raccogliere il suo testimone alla guida della città. Le società partecipate che sono al disastro finanziario e amministrativo con personale demotivato sono lo specchio del fallimento politico di Orlando che agli albori della sua esperienza a Palazzo delle Aquile con un’azione chirurgica tolse ai privati la gestione dei servizi favorendo l’ingresso al “pubblico”. Ottima soluzione se poi la gestione pubblica dei servizi funzionasse realmente con costi equi per i cittadini ma invece oggi, paradossalmente, si propone l’aumento della Tari offrendo un servizio scadente ai palermitani. Qualcuno potrebbe obbiettare che le partecipate sono sempre state un bacino di voti a cui attingere a piene mani ma la cosa oggettiva è il fatto che funzionano male. Oggi Orlando invece di sostituire i singoli assessori con altri soggetti politici (si parla di una consigliera comunale) dovrebbe cambiare marcia a 360 gradi portando avanti, in questo scorcio di sindacatura, un progetto per il rilancio della quinta città d’Italia, indipendentemente dal suo successore. Basterebbe focalizzare l’azione amministrativa su le principali criticità che patisce il tessuto socioeconomico della città che Orlando sembra non vedere spostando l’attenzione sul nuovo centrosinistra che può nascere a partire dall’affermazione dei diritti con il Pd, i movimenti civici e il M5S se ci sta. Insomma, Palermo può essere un laboratorio politico ma il “nuovo deus ex machina” sarebbe naturalmente Orlando, con buona pace di tutte le forze di sinistra che continuano a non essere in grado di esprime una valida alternativa.

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