Report Banca d’Italia: fotografia impietosa dell’economia siciliana

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“Caro presidente, ci permettiamo di insistere. Bankitalia conferma le nostre preoccupazioni. È ora di innescare il turbo e mettere a fuoco assieme indirizzi e priorità per ripartire al volo quando Bruxelles e Roma sbloccheranno i soldi del Recovery plan”. Così Sebastiano Cappuccio, segretario della Sicilia, all’indirizzo di Palazzo d’Orleans, dopo l’uscita stamani della nota congiunturale sull’economia regionale elaborata dalla Banca d’Italia. Lo studio dell’istituto di via Cavour segnala tra l’altro che la Sicilia, nel primo semestre di quest’anno, ha perso 34 mila posti di lavoro rispetto a un anno fa: -2,5 per cento, -1,7 la media Italia; che il tasso di occupazione per la popolazione tra 15 e 64 anni è sceso di 0,7 punti attestandosi al 39,8 per cento. E che quest’anno, nel secondo trimestre, il tasso di attività per la popolazione tra 15 e 64 anni ha toccato il minimo storico: 47,1 per cento. Insomma, “rischiamo una débâcle”, rimarca Cappuccio ricordando che proprio la Regione nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza regionale per il 2021-2023, parlando di “sfida epocale” che la Sicilia ha di fronte, fa appello a uno “sforzo corale” a istituzioni, professioni e forze sociali. “Quelle parole – rileva la Cisl – finora non hanno avuto seguito nonostante le ripetute richieste del sindacato di poter dare il proprio contributo affinché la Sicilia riesca a uscire dal tunnel in cui anche il Covid l’ha cacciata”. “Al presidente Musumeci – si legge nella nota del sindacato – se mai riusciremo a sederci allo stesso tavolo, desidereremmo dire che, per quanto ci riguarda, in cima all’agenda degli interventi vanno messe le politiche per il lavoro, le infrastrutture, la scuola, la sanità e l’inclusione sociale”. Non servono mille progetti, non serve disperdere in mille rivoli le risorse su cui si potrà far leva. Né servono sterili contrapposizioni o facili scaricabarile”. L’epidemia da Covid, sottolinea Cappuccio, ha generato uno shock senza precedenti aggravando le già difficili condizioni dell’economia. “Ora – rimarca – è tempo di un colpo d’ali: è il momento di un confronto puntuale e sistematico. E c’è bisogno che ciascuno, a cominciare dalle istituzioni, si assuma velocemente le proprie responsabilità”.

“Come si evince dall’aggiornamento congiunturale della Banca d’Italia sull’economia della Sicilia, pubblicato oggi -sottolinea il presidente di Confesercenti Sicilia Vittorio Messina –  le conseguenze della crisi pandemica e delle misure di contenimento del contagio hanno avuto un peso notevole su un quadro di per se abbastanza fragile come quello della nostra Isola”.

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“Il recupero parziale che le imprese hanno fatto registrare dopo il primo lockdown – aggiunge – è già alle spalle e niente di buono si prospetta per i prossimi mesi, tenuto conto anche delle restrizioni che permangono e che molto probabilmente verranno mantenute anche per il periodo natalizio. Di estrema gravità poi è la situazione che si registra dal punto di vista occupazionale nonostante il blocco dei licenziamenti”.

“La Sicilia oggi – continua Vittorio Messina –  ha bisogno di gestire bene lo stato d’emergenza che ancora permane e soprattutto ha bisogno di programmare bene la ripresa, utilizzando al meglio tutte le risorse disponibili, senza sprecare un solo euro con politiche che non servono a ridare fiato all’economia regionale”.
“Il Governo – conclude il presidente Messina – ascolti i rappresentanti del mondo produttivo e delle forze sociali per lavorare insieme ad un piano di sviluppo che metta a registro il grande patrimonio materiale ed immateriale di cui dispone la Sicilia. In questo senso il contributo della buona politica sarà decisivo”.
“La fotografia impietosa dell’economia siciliana – evidenzia Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo – arriva stavolta dalla Banca d’Italia attraverso il suo periodico aggiornamento congiunturale. Un’ulteriore conferma di quello che Confcommercio dice da mesi: la pandemia in Sicilia è stata una “circostanza aggravante” che si è innestata su una situazione già drammatica”. 

“Molte aziende sono state già condannate alla chiusura – prosegue la Di Dio – gli ulteriori Dpcm di ottobre e novembre vedranno cadere sul campo altre migliaia di imprese che non riescono più a far fronte alla situazione. Se appena due mesi fa avevamo stimato una perdita solo in Sicilia di 5,6 miliardi (-8,2%), adesso – alla luce degli ultimi Dpcm – possiamo ritenere addirittura riduttiva quella già drammatica e insostenibile previsione. Occorre un piano strategico ben delineato, in cui venga spiegato chiaramente cosa si è fatto e cosa si sta facendo, a cominciare dai problemi organizzativi della sanità territoriale e ospedaliera. Bisogna intervenire presto e bene, con programmazione e coordinamento, facendo sistema con determinazione e facendo arrivare immediatamente gli aiuti a tutte le aziende che hanno cali significativi. Rabbia e disperazione stanno crescendo e non è più possibile sbagliare”.

“L’emergenza Covid, che ha messo in ginocchio l’economia siciliana – afferma Pino Pace, presidente Unioncamere Sicilia  – è stata una bomba deflagrata nel sistema delle imprese siciliane che hanno dovuto combattere per lunghi anni contro la crisi economica, iniziata intorno al 2008 dalla quale ancora in pochi si erano ripresi. I dati forniti dall’aggiornamento congiunturale di Bankitalia non fanno sconti e non possono che spingerci a una serie di riflessioni sulla situazione drammatica che stiamo vivendo e che ancora in molti, a vario titolo, non riescono a comprendere a fondo”. “Se non arriveranno in tempi brevi aiuti e ristori alle aziende – prosegue – si rischia non soltanto il conflitto sociale ma anche l’esplosione di una piazza che finora in Sicilia ha tollerato con senso di responsabilità misure restrittive, talvolta, anche eccessive. Tuttavia, prima che imprenditori siamo cittadini, che hanno a cuore la tutela della salute pubblica, ma abbiamo il dovere di svolgere fino in fondo il compito che ci è stato dato, cioè quello di tutelare le imprese, che significa tutelare anche i lavoratori. Tante aziende hanno già chiuso i battenti, chiediamo segnali chiari sia al governo regionale che nazionale”, conclude Pace.

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