Scianò: “Ancora festeggiamenti per Garibaldi? No, grazie”!
Sono molti i Paesi del mondo che dedicano vie, piazze, strade e monumenti a lestofanti ed assassini. Sono, però, pochi i Paesi che hanno fatto di uno “scafista”, di un mercenario, di un dittatore sanguinario e di un avventuriero, peraltro responsabile delle rispettive rovine, addirittura l’eroe Nazionale.
La Sicilia rivendica il Diritto alla verità, il Diritto al recupero della memoria storica, il Diritto al rispetto della propria dignità, oltre che alla propria intelligenza.
La Sicilia dice basta ai miti falsi e bugiardi! Sui presunti e millantati “vantaggi” derivanti alla Sicilia e alla Napolitania dall’annessione al Regno Sabaudo, lo stesso Garibaldi ebbe a scrivere ( sia pure ostentando la sua buona fede, molto discutibile):
“Gli oltraggi subiti dalle Popolazioni Meridionali sono incommensurabili. Non credo di aver fatto del male. Nonostante ciò, non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio”.
(Giuseppe Garibaldi, lettera ad Adelaide Cairoli, 1868)
Va anche ricordato che i picciotti garibaldini, nella realtà, erano spesso i “Picciotti di Mafia”. Con l’Impresa dei Mille la Mafia fece un grosso “salto di qualità” e diventò utile – anzi necessaria – all’occupazione ed alla conquista della Sicilia.
Una testimonianza in tal senso ci viene proprio dal valoroso magistrato ROCCO CHINNICI, che così scrive:
“Prima di occuparci della Mafia nel periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla Prima Guerra Mondiale e all’avvento del Facismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente, premettere che essa, come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La Mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia”.
(Rocco Chinnici, 1980)
Come furono trattate la Sicilia e la Napolitania a seguito dell’annessione all’Italia, Antonio Gramsci ebbe a denunziare:
“Lo Stato Italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia Meridionale e le Isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri, che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di ‘briganti’ “.
(Antonio Gramsci, “ordine nuovo”, 1920)
“Il Popolo del Meridione fu “crocifisso” dal nuovo Stato Italiano”
(Antonio Gramsci)
Garibaldi, a proposito dei suoi “Garibaldini”, il 5 dicembre 1861,nel Parlamento del Regno d’Italia, a Torino, aveva dichiarato:
“Tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni, con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto”.
(Si veda, fra gli altri autori, Gustavo Rinaldi, “Garibaldi l’avventuriero, il massone, l’opportunista”, ed controcorrente, Napoli, gennaio 2010)
“I mille? Una banda armata al servizio del piano di conquista e di egemonia dei padroni del Mondo di allora: Inghilterra, Francia e Massoneria Internazionale”.
Sarà lo stesso Garibaldi ad ammetterlo, in visita a Londra nel 1864, rivolgendosi ai rappresentanti del Governo Inglese:
“Senza il vostro aiuto non avremmo deposto il Borbone… anzi io non avrei mai potuto attraversare lo Stretto di Messina”.
(Si vede Gustavo Rinaldi, opera citata, seconda copertina)
Tutti sanno queste cose, ma la Cultura Ufficiale, dal 1860, non fa che lavarci il “cervello” per cancellare la verità e per compiere un’alienazione culturale che vuole farci identificare con i “conquistatori”.
Riportiamo di seguito il pensiero di MILAN KUNDERA e quello di GIUSEPPE GARETTO:
“Per liquidare un Popolo si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia”
(Milan Kundera)
Giuseppe Garetto, fervente Sicilianista ed attento studioso della storia e della realtà economica e politica della Sicilia, a sua volta scrive:
“Quando si vuole opprimere e sfruttare compiutamente un Popolo, il metodo più sicuro è, appunto, quello di cancellare dalla sua mente ogni ricordo di grandezza e di lotte sostenute per la libertà, segno inconfondibile di una civiltà superiore; e di far penetrare nel suo spirito la convinzione di essere sempre stato, nella storia, un miserabile, spregevole, oggetto e mai soggetto”.
(Giuseppe Garetto, “realtà Siciliana”, edizione Gianape, Palermo, Marzo 1967, pagine 36 e 37)
Il Popolo Siciliano ha accettato supinamente tutto questo? No! Ha reagito con forza ed eroicamente, reclamando energicamente il proprio diritto all’Indipendenza, al progresso ed alla Libetà.
Riguardiamo – a puro titolo di esempio – soltanto le migliaia di morti delle Rivoluzioni indipendentiste di Castellammare del Golfo ( gennaio 1862) e quella di Palermo (dal 15 al 22 settembre 1866), e alle tante sommosse, soffocate spesso nel sangue e sempre con la violenza, esplose in tutta la Sicilia ( ad iniziare dal Trapanese), in tutto il cosiddetto periodo Risorgimentale.
Ricordiamo anche le rivoluzioni successive, fino ai nostri giorni, ma ne parleremo in altra sede ed in altro contesto.
Studenti, Professori, Giovani, Cittadini, Siciliani, cercate – cerchiamo – di conoscere la vera storia della Sicilia! Facciamo uno sforzo comune in tal senso. La verità innanzitutto!
Chi ci deruba del passato, infatti, ci vuole derubare anche del presente.
E chi ci deruba del presente ci vuole privare di un futuro, anzi: del futuro!
Siciliani, arrusbigghiamuni!
Vila la Sicilia indipendente!
Giuseppe Scianò
Presidente del Centro studi “Andrea Finocchiaro Aprile”