Il coronavirus ed i professionisti. Quali forme di aiuto possibili?

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Questo mese di tragedia ha reso inevitabile l’adozione di interventi urgenti da parte di tutte le istituzioni Italiane (attendiamo quelli della UE), contemporaneamente e su più fronti, tutti irrinunciabili.

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Salute pubblica e privata, sicurezza, economia e finanza generale ma anche economia e finanza delle imprese, dei lavoratori dipendenti, dei disoccupati, delle famiglie, dei disabili ma anche dei professionisti e dei lavoratori autonomi. Una sfida inedita e immane per ogni governo e/o parlamento che non abbia vissuto la stagione bellica o post-bellica ( quasi tutti i governi della cd. Democrazia occidentale). I nostri governanti e rappresentanti istituzionali si stanno forgiando sul campo, commettendo anche errori facili da individuare e rivelando talvolta lacune ed incompetenze delle quali ci sarà tempo e modo di parlare ma nessuno di noi vorrebbe essere al loro posto. Questa tragedia si abbatte anche su una moltitudine di professionisti e lavoratori autonomi per due ovvie ragioni: la sospensione quasi totale delle attività che rappresenta un danno immediato e la prospettiva di maggiori difficoltà economiche per i mesi a venire, che inciderà ancora una volta sulle previsioni di incasso.

Un numero imprecisato e non banale di professionisti sta protestando, come mai prima d’ora, molti si sentono dimenticati dallo Stato e dal proprio sistema previdenziale. Alla fine di questa tragedia i professionisti iscritti agli Ordini tradizionali – e gli avvocati più degli altri – dovranno fermarsi a riflettere sulle inadeguatezze e sugli abusi del proprio mondo ordinistico (centrale e territoriale) troppe volte nascosti sotto fiumi di retorica e sulla mancanza di analisi e strategie di lungo periodo che hanno caratterizzato l’ultimo decennio rendendo impossibile qualunque serio ammodernamento e rilancio della professione.

Oggi però c’è bisogno d’altro. Servono rimedi urgenti per superare questa fase di emergenza e consentire a tutti di riprogrammare il proprio futuro. La ripresa economica non sarà facile né immediata e, ne siamo tutti consapevoli, per molti potrebbe essere non sostenibile. Interventi di bonus a pioggia di importo risibile non servono a tenere aperti gli studi e comportano per lo Stato una spesa considerevole a fondo perduto a fronte di un “obolo” di cui tanti non sanno che fare. Le rigidità del sistema bancario dell’ultimo decennio – soprattutto da Roma in giù – unite agli errori commessi da molti in passato, non rendono possibile ad un gran numero di professionisti in difficoltà un veloce ricorso al credito, a costi sopportabili. Credo sia questo il campo nel quale lo Stato può e deve intervenire.

Una ipotesi fattibile può essere quella di chiedere al sistema bancario (tante volte aiutato in passato a coprire i suoi errori) di erogare con urgenza, contraendo tempi e modalità di istruttoria delle pratiche, ai professionisti iscritti agli Albi [ad esempio con fatturato inferiore ad euro 100.000], un prestito fino a 20/30.000 euro da restituire in 60 rate a partire da settembre prossimo, con interessi non superiori al 3/4% senza anatocismo e con commissioni predeterminate (aumentando magari il limite del prestito fino a 50.000 euro per i professionisti delle regioni maggiormente colpite dal virus), disponendo l’impignorabilità di tale importo fino ad un anno e facendosi garante del prestito. Questo limiterebbe l’intervento ad un numero di iscritti agli albi, non irrilevante certo, escludendo a monte tutti quei professionisti o i grandi studi che non hanno immediato bisogno di liquidità o dotati di buona capacità di accesso al credito.

Questa misura economica comporterebbe, tutto sommato, un rischio ragionevole anche per lo Stato garante che, in caso di mancata restituzione, potrebbe fare ricorso all’ordinario sistema di Riscossione ma è ragionevole ipotizzare che la grande maggioranza dei destinatari del prestito farebbe ogni sforzo per restituirlo alla scadenza. In ogni caso anche le perdite per la finanza pubblica che potrebbero essere causate dalla (eventuale) mancata restituzione da parte di una percentuale di beneficiari, appaiono compatibili con le esigenze di intervento straordinario conseguente alla diffusione dell’epidemia. Le banche, chiamate a sostenere un sacrificio ragionevole, si gioverebbero di nuovi conti correnti movimentati, sia pure al costo di commissioni predeterminate e potrebbero svolgere quella “funzione pubblica” che di solito viene declamata solo quando serve a consentirne il salvataggio.

I professionisti, per la gran parte, potrebbero utilizzare questa liquidità immediata per far ripartire la propria attività ed i consumi e rimborsare senza particolare stress il debito contratto. È una proposta esemplificata e migliorabile ma questa può essere una direzione di intervento possibile e persino doverosa per uno Stato che non voglia dimenticare nessuno e per una categoria che voglia rimanere in piedi con dignità.

Annamaria Introini – avvocato

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