Mafia dei Nebrodi e truffe all’Ue: decapitati i clan di Messina. Le reazioni politiche

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Palermo, 15 gen. (askanews) - Una maxi operazione dei carabinieri e della Guardia di finanza ha inferto un duro colpo alla mafia dei Nebrodi, in Sicilia. In manette sono finite 94 persone, 48 delle quali in carcere. Oltre 600 i militari coinvolti nell'imponente blitz che è stato coordinato dalla Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. L'inchiesta ha portato anche al sequestro di 150 imprese, decapitando di fatto i clan mafiosi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo. Gli indagati sono in tutto 194. In cella sono finiti i vertici delle famiglie mafiose dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, gregari, estortori e "colonnelli" dei due clan storici dei Nebrodi. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, estorsione, traffico di droga. Nell'inchiesta sono coinvolti anche imprenditori e professionisti insospettabili come un notaio accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Dalle indagini è emerso come i clan puntassero sull'ottenimento dei fondi dell'Ue attraverso la realizzazione di centinaia di truffe all'Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura. I fondi illecitamente intascati ammonterebbero a oltre 5,5 milioni di euro. I clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, anche grazie all'aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli che istruiscono le pratiche per l'accesso ai contributi europei per l'agricoltura, si erano spartiti equamente gli appezzamenti di terreno sui quali hanno incassato milioni di euro di Bruxelles, con grave danno per l'economia locale. A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei CCA che avevano accesso alle banche dati. La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanomi dei mafiosi, o attraverso atti notarili falsi. Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri.

Duro colpo alla “mafia dei pascoli” che per anni ha consentito ai clan di Tortorici d’incassare milioni di euro con i contributi dell’Unione Europea, truffando sulla gestione dei terreni agricoli. Un blitz effettuato dai carabinieri del Ros, del comando provinciale di Messina e del Nucleo tutela agroalimentare di Salerno, dai finanzieri del comando provinciale di Messina che ha portato a 94 arresti (48 in carcere e altri 46 agli arresti domiciliari) e il sequestro di 151 imprese agricole, oltre a conti correnti, rapporti finanziari e vari cespiti.

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“I fondi europei devono andare ai veri agricoltori. Ai giovani che vogliono rimanere e investire in quest’Isola, agli imprenditori onesti di questa Regione”. E’ il commento di Coldiretti Sicilia al blitz dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Messina nell’ambito di un’indagine della direzione distrettuale antimafia coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, che stamani ha portato all’arresto di 94 persone ritenute responsabili di vari reati tra cui  falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Da quanto è emerso dall’inchiesta del Ros e della Finanza gli arrestati  avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’Ue ai produttori agricoli.

L’area di Nebrodi, una delle più vocate per produzioni di grande pregio e per il patrimonio paesaggistico, era strozzata da attività criminali con forti limitazioni all’imprenditoria – sottolinea ancora Coldiretti Sicilia – . Negli ultimi anni  migliaia di giovani hanno scelto di riattivare le aziende dei propri avi  ma spesso proprio la criminalità organizzata limita l’attività. E’ proprio l’agricoltura che pone un freno all’emigrazione, piaga che ancora troppo ampia. Restare nell’isola e investire in agricoltura è una scommessa che si vince con maggiori controlli, con infrastrutture e con la ricerca di mercati nazionali e internazionali  che valorizzano il Sicilian Sounding.

“In Italia – commenta ancora Coldiretti –   il giro d’affari dell’agromafia ha superato i 24 miliardi di euro, cifra raggiunta anche con furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine”.

“Esprimo vivo apprezzamento alle Forze dell’ordine e alla magistratura -dichiara il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci – per avere impedito in Sicilia una nuova truffa sui Fondi europei. Credo di poter anche interpretare il sentimento di gratitudine di migliaia di onesti agricoltori per i quali le risorse comunitarie costituiscono prezioso ossigeno. Tutti speriamo che, accertati i responsabili, siano inflitte pene esemplari, ancora più dure se si tratta di dipendenti pubblici”.

“Siamo di fronte alla più grande operazione mai realizzata contro i clan mafiosi dei Nebrodi – dichiara l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao –. Per anni l’Unione europea ha di fatto versato 10 milioni di euro di contributi per l’agricoltura nelle tasche dei boss siciliani dei Nebrodi senza che nessuno abbia mosso un dito”. “E’ inquietante come in tutti questi anni – spiega Corrao – i soldi europei della PAC abbiano alimentato nel silenzio le attività criminali delle famiglie malavitose nebroidee o anche dei condannati per omicidio. E poi dell’organizzazione farebbero  parte i classici insospettabili, fino alle menti più raffinate, ovvero le ‘intelligenze’ dei funzionari AGEA, dei centri di assistenza agricola, che hanno oliato il sistema avendo le chiavi di accesso al sistema informatico. E di mezzo ci sarebbe pure un notaio, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, che avrebbe fatto falsi atti per far risultare acquisiti per usucapione una serie di terreni la cui titolarità serviva alle famiglie mafiose per chiedere i contributi Ue. Ho chiesto dunque alla Commissione come intende affrontare una questione che è innegabilmente europea, ma gestita in ambito UE con superficialità e probabilmente scarsa competenza. Basti pensare che negli altri paesi membri non si è in grado neanche di riconoscere e affrontare il problema mafia, figuriamoci la sua declinazione più moderna, dinamica, sommersa e inafferrabile che è la mafia della PAC”. “Per questo – conclude l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle – ho proposto alla Commissione di inaugurare una nuova e rivoluzionaria stagione di collaborazione tra le istituzioni europee e i protagonisti della lotta ai mafiosi della Pac in Italia, attraverso audizioni e task force per la stesura di una strategia comune di lotta alla mafia rurale, a partire dal lavoro apripista di Giuseppe Antoci“.

Controlli più rigorosi nelle procedure di erogazione dei fondi Ue: lo chiedono i deputati regionali del messinese del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca e Valentina Zafarana, che assieme al capogruppo Giorgio Pasqua e ai deputati del gruppo rivolgono un plauso alla magistratura e alle forze dell’ordine per la brillante operazione eseguita nei Nebrodi, che ha portato a 94 arresti effettuati nell’ambito dell’inchiesta sulla mafia dei pascoli, coordinata dalla Dda di Messina.

“Occorre – proseguono De Luca e Zafarana – aggiungere una presa di posizione energica da parte della politica, affinché vengano introdotti ulteriori meccanismi di verifica nelle procedure di erogazione dei fondi europei. Occorre adottare metodi che consentano all’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) di verificare compiutamente le pratiche trasmesse dai Caa (Centri autorizzati di assistenza agricola) e le effettive movimentazioni del bestiame al fine di collegare i contributi alle attività effettivamente esistenti e non al solo possesso dei terreni. Vanno predisposti ulteriori strumenti, da affiancare al Protocollo Antoci, al fine di impedire che la criminalità possa controllare e condizionare in modo così stringente le attività imprenditoriali e distruggere il tessuto sociale”.

“I controlli – aggiunge la deputata Roberta Schillaci – sono essenziali e serve il potenziamento delle forze dell’ordine. I terreni sono diventati oggetto di conquista da parte delle organizzazioni criminali e quindi facile strumento per accaparrarsi le risorse europee. La prima evidente anomalia, sulla quale bisogna continuare a tenere alta la guarda, è la concentrazioni di terreni nelle mani di poche famiglie, a danno degli agricoltori di generazione, costretti spesso a cedere le proprietà sotto vessazione”.

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