Laboratorio per il lavoro, “un Piano per un’Industria sostenibile in Sicilia”. Al via il primo confronto pubblico con università, imprenditori, istituzioni, associazioni

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“In Sicilia un’industria sostenibile e di eccellenza è necessaria e possibile. Gli esempi virtuosi non mancano, ma c’è da gestire una transizione energetica e tecnologica che sta producendo grandi cambiamenti e da mettere in campo grandi investimenti e progettualità per fare decollare la green economy”. Lo sostiene la Cgil Sicilia che con un dibattito sul tema dell’industria ha inaugurato oggi a Palermo i “Laboratori per il lavoro”, una serie di iniziative di confronto pubblico finalizzate alla stesura di un piano regionale per lo sviluppo e l’occupazione.
“Oggi abbiamo la necessità di mettere un campo un Piano per il Lavoro da sottoporre al governo nazionale e regionale, per dare  una svolta nelle politiche di sviluppo di una regione il cui apparato produttivo si trova in grande sofferenza – spiega così il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino,  l’iniziativa del suo sindacato, oggi nella sede del Cnr in via Ugo La Malfa  – Una proposta che passi dalle politiche industriali, di welfare e dalle infrastrutture, costruita sulla base della più ampia partecipazione e che goda in partenza di ampio consenso. In quest’ottica riteniamo che il rilancio dell’industria sia uno degli obiettivi da perseguire,  perché una grande regione come la Sicilia non può fare a meno di un’industria innovativa e sostenibile”.
I “Laboratori” della Cgil prevedono già altre due iniziative: il 22 novembre si parlerà a Catania di Politiche sociali e Welfare  e il 27 a Messina di Infrastrutture. Un confronto aperto a  mondo della ricerca, della formazione, università, esperti, imprese, ambientalisti,  parti sociali e istituzioni. Una sfida che l’assessore regionale  alle Attività produttive Mimmo Turano ha detto di voler raccogliere: “Bisogna costruire una collaborazione e remare tutti nella stessa direzione, altrimenti il Mezzogiorno sarà sempre più emarginalizzato.  Il territorio nostro ha le potenzialità per tornare a essere produttivo, riqualificato e azzerare le diseguaglianze,  a partire dalla valorizzazione delle aree industriali, individuando meccanismi premiali per realizzare nuovi insediamenti”.

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In Sicilia industria manifatturiera significa settore metalmeccanico  ma anche chimico e dell’agroalimentare. Il primo  ha perso drammaticamente colpi in questi anni, gli esempi sono la ex Fiat di Termini Imerese, ma anche la cantieristica e l’indotto dei petrolchimici, come ha ricordato nel suo intervento introduttivo il segretario generale della Fiom, Roberto Mastrosimone,  che ha rilevato che “l’uscita della Fiat da Termini Imerese è costata 1 punto di percentuale del Pil siciliano”.
Quanto alla chimica, si va dalla farmaceutica “che ha anche punte di eccellenza – ha detto il segretario della Filctem, Giuseppe D’Aquila – come la Sifi di Catania ai petrolchimici”. Per quanto riguarda Gela per la Cgil “occorre andare oltre gli investimenti sulla bioraffineria e reindustrializzare il territorio in chiave green”. L’Eni, a questo proposito, ha annunciato a Gela – dove ha 1070 dipendenti – un nuovo progetto di riconversione industriale, di altri 70 milioni di euro, che partirà entro settembre 2020. Si tratta di un pre-raffinatore della filiera dell’economia circolare,  per trasformare in “energia e benessere” rifiuti, oli esausti etc. “Noi abbiamo fatto i primi passi. Ci auguriamo che i 450 milioni di interventi sulla Bioraffineria possano creare lavoro per le imprese dell’indotto che fanno raccolta e trasformazione”, ha detto Francesco Franchi, presidente della Bioraffineria di Gela.

Passaggio obbligato sono in questo quadro, per il sindacato,  le bonifiche, guardando a un’industria del futuro che non faccia a pugni con l’ambiente e la salute.
Sull’agroalimentare, la Cgil ricorda che “la Sicilia – aggiunge Alfio  Mannino – è seconda regione per produzione e  13° per lavorazione e trasformazione di prodotti.  C’è dunque di base una vocazione produttiva che va valorizzata”.

Tate le preoccupazioni emerse durante la tavola rotonda, raccolte dal segretario nazionale Cgil Emilio Miceli, che ha parlato della sfida della rivoluzione energetica e digitale che investirà anche la Sicilia, terra dei grandi poli di sviluppo della chimica, dell’energia. “La Sicilia è in mezzo a un guado, è la terra che aveva la Fiat, ma ora non c’è  più, e che adesso  è chiamata a fare un salto di qualità, guidando la funzione di riconversione dei grandi asset che hanno costituito la nervatura essenziale del processo industriale nell’Isola  – ha detto Miceli – E’ questo il compito delle classe dirigenti in questa fase. Ci potrà essere da noi un futuro  con una chimica diversa, con un’energia diversa. Bisogna stare però dentro il processo di transizione, accompagnare tutti i processi di investimento nelle tecnologie e nella ricerca dei settori di base. Il futuro sta nella possibilità di riconvertire  grandi quote di spesa improduttiva per  farli diventare produzione, lavoro. Bisogna capire come  finanziare lo sviluppo e mettere la Sicilia e il Mezzogiorno in condizione di risollevarsi”.

Una Sicilia che deve riscoprire la sua prerogativa agrofood ed essere sempre più sostenibile, hanno detto nei loro interventi universitari, imprenditori ed esperti.  Il delegato del Wwf Franco Andaloro ha  presentato la road map del nuovo patto per lo sviluppo verde dell’associazione ambientalista. “L’abbiamo trasmesso al governo – ha detto Andaloro – per supportare uno sviluppo industriale nell’ambito dell’economia circolare e del rispetto del clima, che non lasci in retaggio perdita di benessere e erosione del capitale naturale ma punti a occupazione e economia”.

I DATI – Si tratta di invertire un trend  di deindustrializzazione che ha visto negli ultimi 10 anni il calo del valore aggiunto del settore da 14,3 miliardi a 10,3 miliardi L’industria in senso stretto è passata da 9 miliardi a 6,8 miliardi, con un forte calo nel manifatturiero (- 2 miliardi). Nel settore tra il 2008 e il 2018 sono andati perduti 77.142 posti di lavoro di cui 5.186 nell’industria in senso stretto, il resto nelle costruzioni. Gli addetti sono passati (industria ed edilizia) dai 296.340 del 2008 ai 219.198 del 2018. Oggi il manifatturiero rappresenta solo il 10% del complesso degli occupati in Sicilia. Continua tuttavia a rappresentare per la Cgil una  delle chiavi di volta per lo sviluppo della Sicilia. “E’ per questo occorrono adeguate politiche di rilancio e adeguati investimenti – ribadisce il segretario della Cgil Scilia Alfio Mannino –  Ci vuole l’impegno della politica ma tutti devono fare la propria parte in un complesso sinergico che veda in campo mondo del lavoro, imprese, università e ricerca”.

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