Plastica e zucchero, Sicindustria: “Tasse populiste che nulla hanno a che fare con ambiente e salute”

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Alessandro Albanese

“Stop a tasse populiste che non hanno alcuna finalità ambientale, penalizzano i prodotti e non i comportamenti, e rappresentano unicamente un’imposizione diretta a recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese”. È un no secco quello di Sicindustria a plastic e sugar tax, previste dal documento programmatico di bilancio 2020. “Si tratta di tasse – afferma Alessandro Albanese, vicepresidente vicario di Sicindustria – che serviranno solo a fare cassa senza alcun contributo né per l’ambiente né per la salute: nel primo caso, infatti, il problema sta nei comportamenti errati e non nel prodotto; nel secondo la tassa sullo zucchero contenuto in bevande e soft drink colpirà esclusivamente le aziende che, in realtà, utilizzano una parte minoritaria dello zucchero totale aggiunto in moltissimi altri alimenti”.

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In Sicilia le imprese produttrici di bevande sono una dozzina, fatturano circa il 10% del totale di tutte le aziende italiane del settore beverage che, secondo i dati di Assobibe-Confindustria, ha un peso di 4,9 miliardi di valore aggiunto, di cui 800 milioni generati dalle imprese di produzione, 1,1 miliardi dalle imprese che forniscono materie prime al settore e 3 miliardi dalle fasi di commercializzazioni di prodotti finiti.

Per quanto riguarda, invece, il comparto della plastica, la Sicilia conta una ventina di imprese con un fatturato complessivo di circa 700 milioni e 2.500 dipendenti. Se a questi numeri si aggiunge anche l’indotto, vengono superati abbondantemente il miliardo di euro di fatturato e i 4.000 dipendenti. “Si tratta evidentemente – aggiunge Albanese – di comparti importanti per la nostra economia che verrebbero penalizzati in una fase congiunturale, interna e internazionale, in cui si moltiplicano i segnali di una nuova recessione, che nel Mezzogiorno, purtroppo, è già realtà”.

La tassa sulla plastica utilizzata per gli imballaggi, tra l’altro, produrrebbe un duplice effetto negativo: “Oltre al danno la beffa – commenta Albanese – perché da un lato si assesta un duro colpo alle imprese che producono made in Italy che sarebbero penalizzate in termini di competitività sul mercato nazionale rispetto ai concorrenti esteri e, dall’altro, non si centrerebbe neanche l’obiettivo ambientale visto che le imprese estere potranno continuare a riempire i nostri scaffali di prodotti confezionati e imballati con materiali di plastica”.

Ma non solo. Oggi un chilogrammo di plastica ha un costo medio di 0,90 euro, al quale va aggiunto il valore medio del Contributo ambientale Conai di 0,33 euro al chilo, per un totale di 1,2 euro. A questo andrebbe sommata la plastic tax del valore di un euro al chilo che farebbe lievitare del doppio il costo (2,20 euro), cui aggiungere l’Iva. In altri termini, la tassazione determinerebbe un aumento del 110 per cento del costo per l’intera filiera della plastica. Le imprese già oggi pagano il contributo ambientale Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica per un ammontare di 450 milioni di euro all’anno, dei quali 350 vengono versati ai Comuni per garantire la raccolta differenziata. “L’introduzione di una ‘tassa sulla plastica’ equivarrebbe, quindi – continua il vicepresidente vicario di Sicindustria – a una sorta di doppia imposizione con aumenti di costi in tutti i comparti, agroalimentare in testa, che andrebbe a colpire gli operatori a monte (gli agricoltori), con minori margini sulla vendita delle materie prime, e i consumatori che pagherebbero un prezzo più alto per l’acquisto dei prodotti”. Nello specifico, secondo la Federazione gomma plastica di Confindustria, l’impatto sulla spesa delle famiglie è stimabile in circa 109 euro annui gravando in misura maggiore sulle famiglie a più basso reddito che spendono maggiormente in prodotti di prima necessità e, in particolare, di generi alimentari.

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