Beni culturali, l’archeologia in Sicilia nel secondo dopoguerra
La Regione Siciliana, attraverso la soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Catania e in sinergia con il dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università etnea, ha organizzato un convegno dal titolo “Archeologia in Sicilia nel secondo dopoguerra”. Si terrà nel capoluogo etneo a Palazzo Ingrassia, nell’aula intitolata “Vincenzo La Rosa” il 4 e 5 ottobre.
«Sarà l’occasione – afferma il governatore Nello Musumeci – per recuperare la memoria della mole di ricerche che si effettuavano, quasi sempre in condizioni di emergenza, per ricostruire aree distrutte dai bombardamenti o per realizzare nuove opere, spesso con le somme messe a disposizione dalla Cassa per il Mezzogiorno, in un clima di totale rinnovamento e riedificazione di quanto era stato sfregiato dalla guerra».
Ai lavori del convegno, diviso in quattro sessioni, parteciperanno ventotto illustri studiosi che hanno operato, e operano, nei territori in cui archeologi del calibro di Pietro Griffo, Piero Orlandini, Dinu Adameșteanu, Luigi Bernabò Brea, Giuseppe Cultrera, Antonio Di Vita, Vincenzo Tusa, Ernesto De Miro, Graziella Fiorentini, Juliette de la Gèniere, Giovanni Rizza, Sebastiana Lagona, Gino Vinicio Gentile, Paola Pelegatti e l’École française, avevano intrapreso le loro ricerche
Notevoli furono le scoperte effettuate in vari siti della Sicilia: a Catania, si ricorda Giovanni Rizza, che individuava la Stipe votiva nell’area tra la chiesa di San Francesco e Via Crociferi contenente migliaia di statuette fittili e ceramiche d’importazione da riferire a ex voto di un santuario demetriaco del VI – V secolo avanti Cristo. Nel sito di via Dottor Consoli affiorarono i resti di una basilichetta tardo antica con pavimenti mosaici.
Nel siracusano, prima Luigi Bernabò Brea, poi Paola Pelegatti e quindi Giuseppe Voza esplorarono vari punti della città sorta sui resti dell’antica colonia corinzia definendo l’estensione dei vari quartieri antichi. Le sub colonie siracusane, Acre, Casmene e Camarina e il loro hinterland furono oggetto di scoperte notevolissime relative agli impianti urbanistici e alle loro chorai. A Gela, ad esempio, furono riportati alla luce il muro di fortificazione ellenistico e decine di siti che furono sede di santuari e di quartieri civili.
La sub-colonia Akragas, fu esplorata metodologicamente nelle aree urbane dove fu scavato il quartiere ellenistico, nelle aree funerarie e nei vari santuari. Ma anche l’entroterra, sede di centri indigeni, fu raggiunto da ricerche scientifiche, che determinarono l’esplorazione di molti dei loro complessi. Tra le tante eccezionali scoperte vanno, inoltre, citate la villa romana di Piazza Armerina e l’acropoli di Lipari. Gli scavi in quest’ultima consentirono di riscontrare gli elementi fondamentali per lo studio della sequenza delle culture pre e post storiche che diventarono i punti di riferimento per l’indagine dei siti siciliani.
I lavori saranno aperti dal rettore dell’università etnea Francesco Priolo. A seguire gli interventi del direttore del dipartimento di Scienze umanistiche Maria Caterina Paino, del coordinatore del dottorato Sppc Pietro Militello, del dirigente generale del dipartimento dei Beni culturali della Regione Siciliana Sergio Alessandro e dal soprintendente di Catania Rosalba Panvini. Sponsor della manifestazione è Erg Spa.