Ex Province, tre proposte Cisl per mettere alle spalle il flop
La riforma delle province è il più grande flop della politica made in Sicily degli ultimi decenni. L’incompiuta per antonomasia, il cui superamento richiede «che sia messo in funzione l’Osservatorio regionale sui Liberi consorzi e le Città metropolitane»; la revisione degli organici, che dal 2010 a oggi hanno subito l’emorragia di 7.200 unità. Il «superamento delle mere logiche ragionieristiche» che in questi anni hanno penalizzato i lavoratori, «vessati anche dagli otto anni di blocco contrattuale». E i cittadini, che hanno pagato il conto dello stallo sotto forma di compressione dei servizi, su viabilità e scuole specialmente. Ad accendere i riflettori sul tema degli enti siciliani di area vasta, Fp Cisl e Cisl regionali che hanno organizzato un meeting a Palermo, stamani, presenti il governatore Nello Musumeci e l’assessore regionale all’Economia e vicepresidente, Gaetano Armao. Per il sindacato, intervenuto con Paolo Montera segretario della Cisl Fp Sicilia (la funzione pubblica) e Sebastiano Cappuccio, segretario generale regionale, «serve accelerare sul riordino del livello istituzionale intermedio. Ma a monte si pone il tema di una stagione politica fatta di dialogo costruttivo, di pochi proclami. E di tanta concretezza».
Il punto, per Fp e Cisl, è mandare in archivio definitivamente il passato che, in nome dell’ammodernamento e della semplificazione, ha visto la Sicilia «partire per prima tra squilli di tromba sul fronte della riorganizzazione. Ma posizionarsi poi buona ultima tra le regioni italiane, tra mille problemi irrisolti». A partire dal fatto che, ha rilevato Montera aprendo i lavori, «i nuovi enti sono stati caricati di impegnative funzioni aggiuntive. Che non sono state però supportate dalle risorse necessarie». Così, «Liberi Consorzi e Città metropolitane si sono trovati nella paradossale situazione di dover svolgere le competenze delle vecchie province più tante altre. Ma con assai meno risorse». E questo squilibrio strutturale ha portato al default l’ex Provincia di Siracusa. E rischia di far collassare con effetto domino tutto il sistema, che registra un disavanzo di parte corrente pari a oltre 192 milioni di euro anche a causa del prelievo forzoso imposto, quale contributo alla finanza pubblica, dal governo nazionale. «Un onere lievitato in appena tre anni – ha segnalato Cappuccio – dal 2014 al 2017, da 22 a 230 milioni di euro». Da qui l’allarme del sindacato. E la «preoccupazione – con le parole del segretario generale – per l’incertezza sulla governance non certo diradata dalla gestione commissariale di questi anni. E per il deficit programmatico sullo sfondo di un sistema che resta ipertrofico, disarticolato. E dominato da duplicazioni e sovrapposizioni di funzioni e competenze».
Riguardo all’Osservatorio sugli enti di area vasta, Fp e Cisl chiedono «che sia finalmente messo in funzione». Previsto dalla legge regionale 15 del 2015, l’Osservatorio è rimasto nell’ombra. Meglio: istituito. Ma solo sulla carta. Per il sindacato, il decollo è invece un «passaggio nevralgico per il superamento dello stallo attuale, che vede il sostanziale appiattimento dei Liberi Consorzi e delle Città metropolitane sull’identità delle vecchie Province». Piuttosto, serve la «revisione dell’assetto delle autonomie locali. E l’Osservatorio è la sede ideale in cui definire servizi e funzioni, restituendo serenità ai cittadini e ai lavoratori».
A proposito di lavoratori, Fp e Cisl rivendicano «un piano straordinario di assunzioni che prenda le mosse dalla stabilizzazione dei 13.500 precari che fino a oggi hanno dato un fondamentale contributo al funzionamento degli enti locali dell’Isola. Il tema del personale, ha denunciato il sindacato, ha risentito sia del divieto di assunzione che delle difficoltà strutturali. Cosicché uno dei punti deboli del sistema è stato «la difficoltà a programmare il fabbisogno di forza lavoro oltreché la funzionalità istituzionale minima».
«Le cinque leggi sul tema che abbiamo ereditato dal precedente governo – ha tuonato Musumeci – hanno generato un mostriciattolo depotenziato, senza fisionomia, con il personale abbandonato al suo destino. E con poche risorse anche a causa del prelievo forzoso». «Il mio governo – ha puntualizzato – ha già sottoscritto due accordi con il livello nazionale. L’ultimo, pochi giorni fa. Così avremo a disposione più risorse che vorremmo destinare agli investimenti». «Ora – ha informato il presidente – lavoriamo per un nuovo accordo a settembre che apra a una riforma che consenta l’elezione diretta dei presidenti dei Liberi Consorzi». In ogni caso, l’epoca dei commissari è chiusa. In Sicilia da sei anni enti di così grande importanza sono stati affidati alla gestione commissariale. «È tempo di calare il sipario su questa situazione che dovrebbe essere di tipo emergenziale. E tornare alle pratiche ordinarie della democrazia».
«Quella delle Province – le parole di Armao – è una vicenda vergognosa. Da cancellare. Con un durissimo negoziato siamo già riusciti a portare a casa un accordo che stabilisce che l’assurda discriminazione ai danni delle Province siciliane, sul fronte del contributo alla finanza pubblica nazionale, deve finire». Non possono esserci due pesi e due misure tra Province siciliane e Province del resto d’Italia. Insomma, l’attività degli enti siciliani di area vasta va riqualificata. Ma «bisogna stare attenti a un rischio», ha avvertito Armao: «non cadere nel centralismo regionale, non fare della Regione una sorta di similstato». «Attraverso il confronto con Anci e sindacato – ha quindi rimarcato – vogliamo fare delle ex Province un’area di governo intermedio, funzionale, efficiente. Libera da ogni rigidità».
All’incontro hanno preso parte inoltre: Antonio Rini, vicepresidente dell’Anci Sicilia; Massimo Bonomo, ragioniere generale della Città metropolitana di Palermo. E Francesco Vegni, esperto di fiscalità ed enti locali. A introdurre e moderare il confronto, Riccardo Compagnino, consulente Cisl Sicilia per le politiche finanziarie e di bilancio.