Blue Sea Land, esperti insieme per affrontare l’emergenza plastica nel Mediterraneo

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E’ un vero e proprio allarme accorato quello che gli esperti di Università italiane, ricercatori del Ministero,  di Associazioni del Mediterraneo allargato, hanno lanciato nella seconda giornata di lavori di Blue Sea Land-Expo dei Cluster del Mediterraneo, Africa e Medioriente nel convegno, presso l’Auditorium “Mario Caruso”, intitolato “Marine Litter and Biodiversity: Plastic Busters MPAS in Action in The Mediterranean” ed organizzato dall’Unione del Mediterraneo e dal Dipartimento Pesca del Mediterraneo. A coordinare i lavori è stato il Ministro Plenipotenziario Enrico Granara coordinatore Iniziative Multilaterali dell’area Euro-Med del MAECI.

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I dati emersi non sono incoraggianti: Il Mediterraneo sembrerebbe essere il più inquinato dei mari del pianeta in quanto a plastica, da quella macro, fatta di bottiglie, oggetti monouso ed attrezzi di pesca abbandonati, sino a quella micro, che si insinua nella catena alimentare, nel pesce di grossa taglia, e perfino quella non visibile come residui di vernici, sfrido di pneumatici, pesticidi.

“Un convegno che affronta uno dei temi più importanti di questa edizione di Blue Sea Land – ha affermato Nino Carlino, Presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu-   con allo stesso tavolo i progetti europei in campo e le strategie comuni per trovare subito soluzioni nelle agende politiche comuni dei paesi del bacino”.

“Assistiamo a conflitti crescenti, generati dal cambiamento climatico, dalla scarsità di acqua, ma anche il tema dei rifiuti in mare sta preoccupando sempre più le associazioni ed i governi – ha evidenziato Miguel Garcia Herraiz, Vice Segretario generale della Union for Mediterranean, esperto di blu economy. La plastica è una delle maggiori emergenze, proveniente dal turismo, dall’ industria, dalla pesca.  Occorre subito gestire il fenomeno a livello mediterraneo e coinvolgere la politica”.

“Il pesce è una risorsa fondamentale per la nostra qualità di vita – ha sottolineato Margherita Ferrante, Laboratorio Igiene ambientale Università di Catania – perché il suo consumo contrasta attivamente le patologie cardiovascolari, se legato ad un sano stile di vita.  Ecco perché stiamo avviando un brevetto, che ci consentirà di applicare un metodo di ricerca semplice e non costoso per il monitoraggio delle microplastiche di dimensioni minime, sotto il millimetro, per capire la contaminazione della flora e dei fondali, e delle coste. UNICT ha attivato due borse ed un dottorato in biologia, per monitorare in un triennio, la costa ionica e poi ci allargheremo ad altre aree del mediterraneo e anche alle coste atlantiche e pacifiche”.

“Le concentrazioni di plastiche in Mediterraneo sono simili a quelle conosciute nelle grandi piattaforme oceaniche, se non in dimensioni, per l’ impatto sulla biodiversità. 91 specie sono già impattate dalle microplastiche e dei derivati della plastica – ha dichiarato Maria Cristina Fossi, docente presso l’Università di Siena  e responsabile progetto Plastic Buster  AMP – come ad esempio gli ftalati,  a partire dai  cetacei del santuario Pelagos, alle tartarughe. Il progetto Plastic Busters nato nel 2013 con il sostegno dell’UE Interreg, vuole capire l’impatto del fenomeno plastica sulle attività umane per definire le possibili azioni di mitigazione da intraprendere. In 8 specie edibili che arrivano sui mercati abbiamo trovato un 25% di inquinanti che si accumulano nello stomaco”.

“Adesso, passeremo a monitorare la situazione delle Aree Marine Protette – ha detto Teresa Romeo, Ispra – con un nuova fase del progetto Plastic Buster. Le AMP (Aree Marine protette) che prenderemo in esame nei prossimi step del programma saranno 15; sono già coinvolte La Grecia, Spagna, Croazia ed Albania, in Sicilia già attive le comunità di pescatori di Lampedusa nella raccolta dei rifiuti e delle reti di pesca abbandonate. Lampedusa in particolare, per il passaggio di balenottere e cetacei, diventerà una base per i ricercatori. L’obiettivo è una governance congiunta per avviare azioni concrete di supporto e di incentivo per la raccolta e lo smaltimento”.

“Ci siamo resi conto che  il mare – ha sottolineato Salvatore Martello, Sindaco di Lampedusa  –  è la nostra  unica sopravvivenza, per il turismo e per la pesca, dunque il problema della plastica esige soluzioni immediate. Siamo tra le prime isole del Mediterraneo ad aver bandito gli oggetti monouso, ed abbiamo mobilitato la comunità di pescatori nella raccolta, e controlliamo che i rifiuti vadano verso un corretto smaltimento e che non ritornino in mare”.

Il Prof. Fabio Fava, Docente di Biotecnologie industriali dell’Università di Bologna, ed uno dei massimi esperti mondiali di bioeconomia, dopo aver ricordato la figura del compianto Presidente del Distretto Giovanni Tumbiolo con il quale aveva discusso alcuni mesi fa relativamente a progetti di bioeconomia applicati al settore marittimo, ha spiegato: “Il traffico marittimo nel Mediterraneo, ove insistono circa 450 porti, rappresenta il 30% di quello mondiale. Nel Mediterraneo assistiamo ad un quadro complesso, a declino della biodiversità locale, l’aumento della popolazione, la desertificazione dei suoli e l’impoverimento delle risorse idriche, la bioeconomia e l’unica risposta possibile a livello europeo, che integra discipline e politiche di sviluppo della terra e del mare dando lavoro a 18 milioni di persone”. Fava ha parlato del progetto europeo BLUEMED in linea con i principi della bioeconomia (l’economia che impiega le risorse biologiche, provenienti dalla terra e dal mare, come input per la produzione energetica, industriale, alimentare). “BLUEMED –ha detto Fava- ha previsto 12 milioni di euro per la riduzione del marine litter”.

Assessore regionale al Territorio e Ambiente Toto Cordaro ha evidenziato che: “La regione Sicilia sta scontando un ritardo su questi temi, un gap sulla gestione dei rifiuti che stiamo superando adeguando le normative esistenti. Abbiamo due disegni di legge in merito, abbiamo già lavorato sui temi del demanio marittimo ed istituito l’autorità di bacino, oltre a proporre una migliore gestione delle 72 riserve naturali e delle aree marine, che pensiamo di accorpare in 11 distretti ambientali tematici per ottimizzare risorse e metodologie di governo”.

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