Confcommercio su Tari: “Più costi e meno servizi, tassa rifiuti un freno allo sviluppo delle imprese”

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Patrizia Di Dio

La tassa rifiuti TARI continua a rappresentare un peso insostenibile e spesso ingiustificato, se si considerano le iniquità che lo caratterizzano, per le imprese del nostro territorio. Parte oggi il portale di Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it, strumento permanente dedicato alla raccolta e all’analisi di dati e informazioni sull’intero territorio relative alla tassa rifiuti (TARI) pagata da cittadini e imprese del terziario. Dal primo rapporto dell’Osservatorio emergono alcuni dati che evidenziano come costi eccessivi e ingiustificati per cittadini e imprese derivino, in particolare, da inefficienza ed eccesso di discrezionalità di molte amministrazioni locali, da una distorta applicazione dei regolamenti e dal continuo ricorso a coefficienti tariffari massimi.

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“La variabilità delle tariffe sui territori e l’incremento tendenziale dei costi per il servizio di gestione dei rifiuti – afferma Patrizia Di Dio, componente di Giunta di Confcommercio con delega all’Ambiente -, è determinato prioritariamente dall’ammontare dei piani finanziari dei Comuni che continuano a discostarsi dai fabbisogni standard mantenendo voci di costo improprie a copertura di inefficienze locali di gestione. E’ evidente, quindi, che bisogna intraprendere un percorso di maggiore efficienza che richiede un attento monitoraggio nella sua applicazione sul territorio. Ma soprattutto è sempre più urgente una profonda revisione dell’intero sistema che rispetti il principio europeo “chi inquina paga” e tenga conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese del terziario al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni”.

Dai dati raccolti dal portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it si conferma la continua crescita della Tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese nonostante una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti. Un trend che porta a stimare l’ammontare complessivo della Tari per il 2017 a 9,3 miliardi di euro. Negli ultimi sette anni, la tassa sui rifiuti è cresciuta del 72%, corrispondente a un incremento complessivo di 3,9 miliardi di euro.

Altro aspetto da sottolineare è che i Comuni continuano a far pagare la Tari anche su quelle aree dove sono le imprese stesse a dover provvedere autonomamente allo smaltimento dei rifiuti prodotti, facendosi carico dei relativi costi. Il risultato è che, in questi casi, l’impresa paga al Comune il costo di un servizio che non viene mai erogato.

Da elaborazioni del portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it, risulta, ad esempio, che a Palermo, un magazzino all’ingrosso di ferramenta con superficie complessiva di 200 metri quadri, di cui 80 destinati ad area produttiva (aree ove si effettuano lavorazioni o stoccaggio di prodotti finiti o semilavorati), paga oggi una Tari di 1.365 euro quando, in realtà, l’importo corretto dovrebbe essere di 1.176 euro.

Emblematici sono anche i casi delle aree espositive, tipicamente di grandi dimensioni ma con una ridottissima produzione dei rifiuti: basti pensare ai mobilifici o agli spazi espositivi dei concessionari di automobili, ove la reale area «produttiva» di rifiuti, rappresenta mediamente solo il 15% della superficie totale. A queste imprese la tassa sui rifiuti viene oggi calcolata invece sull’intera superficie. Un’area espositiva di 2.000 mq, sempre a Palermo, paga 4.767 euro a fronte dei 715 euro che avrebbe dovuto pagare sui 300 mq di reale area «produttiva» di rifiuti.

Altra criticità è l’elevata discrezionalità assicurata agli enti locali e la mancanza di linee guida sull’applicazione della TARI che hanno causato una profonda disomogeneità dei costi per il servizio di gestione dei rifiuti e delle aliquote applicate che hanno determinato divari di costo tra medesime categorie economiche, sempre a parità di condizioni e nella stessa provincia o città.

Sono molte le categorie economiche che si distanziano notevolmente sia rispetto alla media nazionale che a quella regionale.

Da elaborazioni del portale Confcommercio www.osservatoriotasselocali.it, risulta che la situazione è ancor più critica e paradossale se si considera che tale disomogeneità si registra all’interno di Comuni appartenenti non solo alla stessa Regione ma che hanno parametri riferibili a popolazione, tessuto imprenditoriale, densità abitativa e condizioni territoriali quantomeno similari.

Alcuni esempi:

  • un supermercato di 200 mq a Palermo paga 2.499 euro/anno mentre a Siracusa 1.472 euro/anno;
  • per un albergo con ristorante di 1.000 mq, ad esempio, si passa dagli 8.116 euro/anno a Palermo, ai 3.612 euro/anno di Catania;
  • un ristorante di 500 mq passa dai 13.634 euro/anno di Palermo ai 9.607 euro/anno di Messina;
  • per un’attività di ortofrutta di 100 mq, si passa dai 3.547 euro/anno di Palermo ai 1.491 di Ragusa.

Anche il costo medio pro capite della Tari in città, pari a 171 euro a metro quadro, si distanzia rispetto ai 134 euro della media nazionale e ai 139 della media regionale. Dai dati emersi risulta evidente come sia urgente porre rimedio a tutte queste distorsioni intervenendo sia riguardo alla spesa complessiva che è cresciuta senza offrire livelli di servizio quantitativi e qualitativi più elevati e sia riguardo agli ingiustificati divari di costo tra categorie economiche.

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