Elezioni, La Rosa (Siciliani Liberi): “L’elettorato siciliano è stanco dei partiti italiani”
La proposta indipendentista di Siciliani Liberi, il “modello Catalogna”, i rapporti Regione-Stato, l’indipendenza economica della Sicilia, una moneta complementare per fare uscire dalla crisi l’isola, lo Statuto speciale siciliano, il ponte sullo Stretto di Messina, la nazionale di calcio siciliana e i campionati locali di tutti gli sport: sono alcuni temi trattati nel corso dell’intervista a Roberto La Rosa (Siciliani Liberi) candidato alla presidenza della Regione.
L’elettorato siciliano è maturo per una proposta politica indipendentista?
“L’elettorato siciliano è stanco dei partiti italiani. I sondaggi attuali danno un astensionismo al 54%. I Siciliani Liberi vengono dal cosiddetto dal partito del non voto. Io spero in una nostra affermazione poiché noi siamo alternativi ai partiti italiani. Non ci sono 4 poli ma ci sono due poli: uno rappresentato dall’Italia e l’altro dai Siciliani Liberi, il nostro movimento indipendentista”.
Le dinamiche socio-politiche della Catalogna sono accostabili alla Sicilia in termini di indipendenza economica?
“La Catalogna è da decenni che ha l’indipendenza economica. La Sicilia no ma questo non significa che la Sicilia è povera. Al contrario la Sicilia è ricca quanto la Catalogna. E’ il popolo siciliano che è povero mentre il popolo della Catalogna è ricco. Questo è da addebitare alla politica dissennata dei partiti italiani che hanno consentito con la complicità degli ascari siciliani dei partiti italiani in Sicilia, di depredare le risorse siciliane”.
Lei sostiene che la Sicilia è stata derubata di 10 miliardi di euro…
“In Sicilia abbiamo un Pil di 80 miliardi di euro e per Statuto le imposte delle aziende che operano in Sicilia e le trattenute fatte nelle buste paga devono rimanere in Sicilia. In realtà non avviene così poiché la metà delle imposte vengono trattenute illegalmente dallo Stato italiano. Una sorte di appropriazione indebita che penalizza il popolo siciliano in termini di sviluppo economico e sociale della nostra isola”.
Lei ha detto “l’indipendenza economica è libertà”…
“Noi non viviamo in uno Stato dove c’è libertà, soprattutto in Sicilia dove viene perpetrata la violazione dello Statuto speciale di autonomia che è legge costituzionale e che avrebbe garantito uno sviluppo economico della Sicilia. Noi diciamo che senza quei 10 miliardi non si potranno creare i 100 mila posti di lavoro. Non si potranno fare redditi di cittadinanza a sostegno delle casalinghe, degli studenti e per i disoccupati. Se ogni famiglia è ricattata perché non c’è lavoro o se questo è precario, penso che non si possa parlare di libertà. Bisogna liberare ogni famiglia siciliana da questo stato di bisogno”.
Voi proponete una moneta complementare per fare uscire dalla crisi l’isola
“In Europa abbiamo un paradosso. Abbiamo una moneta privata che è l’euro. Noi in Sicilia vogliamo creare una moneta pubblica che chiameremo Tarì e che sarà emanata dalla Regione siciliana, da un apposito fondo regionale e che verrà incontro all’economia siciliana. Questo servirà come credito fiscale che consentirà di pagare le imposte con questa moneta e sarà usata per il reddito di cittadinanza e in alcuni punti vendita per l’acquisto di prodotti siciliani”.
In ambito elettorale ritiene possibile un’alleanza con il movimento di Franco Busalacchi rimasto fuori dalla competizione elettorale, visto che sostanzialmente avete molti punti in comune?
“Nel Movimento Siciliani Liberi c’è spazio per gli autonomisti però noi andiamo oltre, perché guardiamo all’indipendenza economica ora e all’indipendenza politica dopo. Un percorso comune si può fare ma non parlerei di alleanze con le persone e alleanze con i partiti. Siciliani Liberi l’unica alleanza che vuole fare è con il popolo siciliano che vuole condividere con il nostro movimento politico questa battaglia per il riscatto sociale ed economico della Sicilia. Fino all’altro ieri Busalacchi era un potenziale candidato alla presidenza della Regione, fare oggi un’alleanza, potrebbe sembra un’operazione strumentale e opportunistica”.
Lo Statuto speciale siciliano è da riformare, abrogare o semplicemente applicare?
“Lo Statuto speciale siciliano è da rivalutare poiché non può essere giudicato non essendo mai stato applicato. Non sono mai state messe in campo le norme di attuazione. In altre regioni lo Statuto speciale ha funzionato dando ricchezza nel Trentino, nel Friuli e nella Valle d’Aosta. Questo grazie ai partiti come l’Unione Friulana e l’Union Valdôtaine mentre noi in Sicilia non abbiamo avuto alcun partito indipendentista e autonomista che difendesse l’autonomia del popolo siciliano. Il nostro obiettivo è di entrare nel parlamento siciliano per difendere lo Statuto siciliano”.
Ad ogni elezione puntualmente si parla del ponte sullo Stretto di Messina…
“La nostra posizione è sempre stato contraria al ponte sullo Stretto di Messina per motivi ambientali. La consideriamo un’opera faraonica e inutile. La Sicilia non ha bisogno di un ponte-imbuto ma ha bisogno di sfruttare le autostrade del mare e di infrastrutture all’interno dell’isola. La Sicilia ha bisogno di due nuovi aeroporti: uno a Messina e uno al centro dell’Isola”.
La nazionale di calcio siciliana e i campionati locali di tutti gli sport sono due punti del vostro programma… ci spieghi meglio
“Questo progetto si può realizzare prima ancora che la Sicilia diventi indipendente. Basti pensare alle isole Faraway con 50.000 abitanti che fanno parte del Regno di Danimarca che aspiravano all’indipendenza negli anni ‘40. La Danimarca ha chiuso un occhio sia sul campionato delle Faraway, sia sulla nazionale della Faraway. Prima dell’indipendenza basta mettere in campo un campionato complementare non alternativo a quelli italiani per avere il riconoscimento della Fifa, dell’Uefa e per avere tifosi in tutto il mondo”.
Se dovesse essere eletto quali sarebbe il suo primo atto?
“Noi faremo quello che non ha mai fatto nessun partito italiano. Apriremo un contenzioso con lo Stato italiano. Un euro dal canale di Messina non deve uscire poiché dobbiamo favorire politiche di sviluppo per le aziende e politiche sociali per la gente”.