Report Diste Consulting – Fondazione Curella: “metà siciliani a rischio povertà”

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Prof. Pietro Busetta

Oltre mezzo milione di siciliani è povero, pari al 25,3% delle famiglie residenti nell’Isola mentre il rischio di povertà o esclusione sociale “incombe ormai su oltre la metà della popolazione siciliana, esattamente 55 persone su cento”. E’ quanto emerge dal 46esimo Report Sicilia – Andiamo a cominciare. La guerra è finita! Ricostruiamo dalle macerie – lo studio sull’economia siciliana del Diste Consulting, presentato nella facoltà di Economia dell’ateneo palermitano, dal presidente della Fondazione Curella Pietro Busetta (Università di Palermo), dal presidente del Diste Consulting Alessandro La Monica, che ne hanno discusso con i professori Sebastiano Bavetta e Fabio Mazzola dell’Università di Palermo (presente anche il presidente della Regione Rosario Crocetta).

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Dal 2015 al 2017 il Pil della Sicilia è cresciuto del 3,6 per cento. Un quadro in parte positivo inficiato, però, dalle previsioni per il 2017. Stando allo studio condotto dal Diste, il 2016 si sarebbe chiuso per l’economia siciliana con un incremento del Pil intorno all’1%, per la seconda volta di fila meno anemico del dato dell’Italia (+0,8%). Ma quest’anno sarà particolarmente delicato per l’economia siciliana che dovrebbe essere contraddistinta da una fase di ulteriore indebolimento della domanda, per cui il tasso di crescita del prodotto interno lordo, secondo le stime Diste, non dovrebbe andare oltre lo 0,5%, inferiore al dato nazionale (+0,7% quello del Paese), dopo l’aumento medio annuo dell’1,5% del biennio precedente mentre l’occupazione è cresciuta del 2,7 per cento, in assoluto dal 2015 con un saldo di 20.590 addetti. Anche se il tasso di disoccupazione per i noti effetti statistici dovuti all’ingresso di nuove persone nel mercato del lavoro è aumentato fino al 22 per cento.

“La crescita del prodotto interno lordo dell’Isola – ha evidenziato Busetta –  stimata pari al 2,1%, a fronte di un +0,7% del prodotto nazionale, sembrava decretare la fine della più grave recessione del Dopoguerra, indicando inoltre un’indubbia capacità del sistema produttivo di resistere ai colpi devastanti della crisi, e di reagire”.

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