Dopo l’episodio della settimana scorsa del migrante salito sul tetto di un autobus a piazza Verdi pareri e opinioni contrastanti sono apparsi sui social e su diverse testate giornalistiche.
Chi a favore del migrante chi contro. La Sicilia è ormai da più di un secolo terra di accoglienza prima e integrazione dopo, ma negli ultimi decenni il flusso migratorio ha cambiato connotazione.
Prima i migranti che arrivavano per lo più dalla Tunisia, poi dalle Mauritius e Filippine avevano grande voglia di cambiare la loro vita in meglio, accontentandosi di lavori più umili, ma sicuramente utili alla comunità che li accoglieva. Ho conosciuto tanti Tunisini, mauriziani che prima da soli e poi in compagnia della propria consorte sono riusciti ad integrarsi in Sicilia abitando case dignitose, svolgendo altrettanto lavori dignitosi e a crearsi famiglie i cui figli hanno frequentato scuole, palestre, associazioni come le persone del luogo.
Da quando l’accoglienza è diventata un vero e proprio BISNESS di tutte le componenti umanitarie e/o pseudo umanitarie, il numero dei migranti è salito alle stelle e il malcontento generale appare sempre più evidente, non solo della comunità che li accoglie, ma degli immigrati stessi. Li vediamo sempre più come persone che stanno approfittando della situazione di emergenza per vivere sulle nostre spalle.
Di contro queste persone, soprattutto i più giovani provenienti da paesi sicuramente più poveri, credono di essere arrivati, come per i siciliani del più recente passato, nell’America degli anni 50, dove ogni sogno è possibile. Ma i Siciliani hanno subito compreso che se non si sbracciavano per lavorare duramente non avrebbero potuto mandare neanche un soldo alle famiglie rimaste in terra sicula. Così anche in Germania, in Francia o semplicemente nel nord Italia. Noi emigriamo da sempre per portare il pane a casa.
Parliamo spesso di diversità e di quanto questa possa essere una risorsa, ma purtroppo rimane solo mera utopia. Altra frase spesso retorica è: siamo tutti diversi, per dire che alla fine siamo tutti uguali. Anche questa è un’enorme smargiassata…perché è difficile accettare chi è diverso da noi, per differenti imprinting culturali, differenze fisiche, religiose, di stato sociale e quant’altro.
L’accettazione della diversità non può avvenire solo da una parte, cioè da chi accoglie o da chi è accolto, ma da entrambe le parti se vogliamo coabitare lo stesso luogo. Questa benedetta accoglienza non è solo logistica, deve essere soprattutto di testa soprattutto da chi è accolto.
Devo essere disponibile mentalmente al diverso da me e questo non può certo avvenire assistendo ogni giorno a scene di violenza, soprusi, rivendicazioni scaturite da futili motivi, quanto da esigenze reali, vitali per chi vive in questa terra di Sicilia, sia che c’è nato, sia che c’è arrivato.
L’accoglienza non può terminare con ospitare persone provenienti da paesi in guerra, in povertà per offrire vitto e alloggio, occorre dare una collocazione sociale per le persone che vogliono rimanere e aprire prospettive concrete d’integrazione.
Quanti degli immigrati frequentano corsi di formazione per conoscere lingua, storia e tradizione del paese ospitante; di supporto psicologico per superare traumi vissuti, di ciò che è importante fare e come comportarsi per vivere, rispettare e cooperare alla crescita di una comunità. Pochi, troppo pochi.
Noi siamo diversi da loro è indiscutibile, siamo fatti di esperienze, di storia, di carichi pesanti che hanno segnato le nostre convinzioni, così come loro. Ma se vogliamo fare parte di una nuova comunità cosmopolita, inclusiva, democratica dobbiamo fare “ognuno il suo”. Invece si discute di aspetti superficiali, che però non fanno altro che scatenare prese di posizione che non portano mai a niente.
Una tra le tante è stata la polemica sulla presenza del crocifisso all’interno delle classi. Per mesi è stato l’unico argomento d’inclusività nelle scuole, come se la sua assenza o presenza determinasse il grado di accoglienza nella scuola italiana. Ma se le comunità musulmane pregano in moschee a cielo aperto, al Foro Italico, perché io in classe non posso avere il crocifisso?
Non è togliendo o mettendo simboli religiosi diversi che aumenta o diminuisce la mia accettazione di ciò che è diverso da me, quanto la tolleranza e la condivisione di spazi, luoghi e idee diversi da me.
Il ragazzo sul tetto del bus non è stato attaccato perché “nero” ma perché ha commesso un azione sui generis, ha infranto la legge danneggiando un servizio pubblico. Quelli che lo hanno offeso per la sua etnia hanno dato fiato all’organo fonatorio e basta. E purtroppo questi fanno più rumore degli altri che invece pensano che tutti devono rispettare le leggi del luogo in cui si vive.
La Sicilia è stata dilaniata dalla mafia, dalla disoccupazione, dall’emigrazione, dalla crescente povertà. La disoccupazione è salita al 22% e i poveri aumentano ogni anno. E aumentano i senza tetto che riempiono i portici del centro storico e della stazione di Palermo, di ogni etnia, autoctona e straniera. Un paese civile, una città capitale della cultura, non può chiudere gli occhi davanti a tali realtà.
Per quanto nobile e meraviglioso sia il lavoro dei volontari presenti sul territorio, non basta portare cibo e coperte, anche qui occorre investire sulla ricollocazione sociale. Persone che vivono come randagi, emarginati perché hanno fallito a livello personale, professionale e ogni giorno sperano solo di mangiare qualcosa, di coprirsi dal freddo e di non morire. Bisogni primordiali. Ma parliamo di uomini e donne che avevano sogni, speranze, intelligenze, abilità sociali, culturali ormai cancellate, memorie di vita che non sono che un ricordo. Ma sono agli occhi dei più solo “diversi da noi”, chi non c’è la fatta.
Forse non è chiaro ancora ai più illuminati, agli uomini e alle donne che decidono per gli altri uomini e altre donne che occorre trarre profitto per la comunità e non per se stessi, e questa comunità cambia velocemente, acquisisce mille volti, fluisce come fiume ricco di affluenti nuovi e vecchi, in piena senza argini e senza limiti che alla fine sprecherà la sua acqua (la diversità) invece di utilizzarla come abbondanza per fare crescere nuovi frutti accanto a quelli già forti e maturi.
Sei straordinaria!!!
Analisi accurata!
Argomento trattato con estrema competenza e profonda empatia da una donna battagliera e attenta alle problematiche sociali.Complimenti Tiziana.
Brava!!!!
Brava analisi giusta anche se secondo me l’accoglienza va ridotta ai casi veri di profughi che scappano da guerre! Vanno aiutati a casa loro con formazione professionale scuola ospedali e mettendoli in condizione di coltivare le proprie terre ma questo alla globalizzazione finto buonista non conviene!
Condivido pienamente: la diversità è arricchimento. La paura ci porta a voler vedere l’altro come simile a noi. Soltanto questa modalità difensiva possiamo accedere a nuove scoperte, nell’altro e dentro di noi
Concordo…un argomento difficile da trattare ..ma fatto molto bene rispecchiando la realtà…